ANNO XXI 1998, no. 1:
MMTP ad alte dosi. Nuovi studi e riflessioni
Carlo Nardini*, Ubaldo Bonuccelli**, Giovanni Umberto Corsini***
Riassunto
Recenti ricerche hanno evidenziato che più alte dosi di metadone oltre gli 80-120 mg/die generalmente raccomandati sono non solo sicure, ma efficaci e assolutamente necessarie a prevenire l’uso delle sostanze illecite per molti pazienti. Queste suggeriscono che, se anche la misurazione dei livelli plasmatici può essere utile come guida alla terapia, i sintomi e i segni astinenziali ed il continuato ricorso alle sostanze di abuso sono gli indicatori fondamentali per procedere ad un aumento della dose di metadone ed acquisire quella ottimale. Tutto questo trova conferma nella nostra esperienza che si è basata su osservazioni cliniche. L’uso continuato di droghe illecite costituisce l’indicatore più ovvio per procedere ad un incremento di dosaggio. Le nostre osservazioni sottolineano l’importanza di un’induzione veloce della dose stabilizzante per evitare i danni provocati dalla "fase finestra" che può individuarsi fra il dosaggio bloccante gli effetti degli oppioidi e quello antiappetitivo. Emerge anche l’esigenza del clinico di basare la posologia di metadone non tanto sui sintomi astinenziali (sintomatologia negativa) quanto su quelli di un eventuale sovradosaggio (sintomatologia positiva). Abbiamo anche osservato che, lasciando la decisione sul dosaggio di metadone ai pazienti, questi tendono a prenderne meno di necessario. Alla luce di queste acquisizioni sarebbe necessario revisionare il setting per l’orientamento dei pazienti in mantenimento metadonico e le attuali linee guida ministeriali.
Parole chiave: Overdose da metadone, Fase finestra, Dosi inadeguate
Abstract
High Dosage Methadone Maintenance Treatment Programme (MMTP). Trends and studies
Recent research has found that methadone doses in excess of the usual recommended 80-120 mg/d are not only safe, but effective and even necessary for many patients to prevent continued illicit drug use. it is suggested that while methadone blood serum levels can be useful as a guide to therapy, withdrawal signs and symptoms as well as the continued illicit use of drugs, are primary indicators of the need to increase the methadone dosage up to an optimal daily dose. These findings have been confirmed by experience based on clinical observation. The continued use of illicit drugs is the most obvious sign of the need for an increased methadone dosage and our findings underline the importance of reaching a stabilising dose as fast as possible in order to avoid the harm connected to the "critical phase" which is found between the dose necessary to block the effects of the opiate and that necessary to counteract the craving. The clinician should calculate overdose (positive) symptoms, rather than withdrawal (negative) symptoms in order to define the appropriate dose of methadone. It was also found that if the decision is left to the patient there is a tendency to undermedicate. In the light of these results, current counseling for MMTP patients and present ministerial guidelines in this regard should be reviewed.
Da diversi anni avevamo notato che riferendo il dosaggio di metadone cloridrato ad un attento monitoraggio della sintomatologia dei nostri pazienti (craving, uso o poliabuso di stupefacenti, disforia, ecc.), piuttosto che a posologie standardizzate in letteratura (80 - 120mg) si otteneva un range di dosaggio medio più elevato di quanto riportato dalla maggior parte degli studi nord americani. In una esperienza condotta presso la clinica psichiatrica dell'Università di Pisa negli anni ‘93 e ‘94 (anni nei quali i nostri medici poterono badare più alla clinica che alle vicende giudiziarie e politiche sull'uso del metadone cloridrato) si giunse progressivamente all'arruolamento di 52 pazienti di cui 10 con diagnosi di poliabuso di sostanze, 8 con comorbidità psichiatriche di varia natura, si notò che la posologia media dei pazienti era di 130 mg/die, rispetto agli 80±20 indicati dalla maggior parte degli autori. D'altra parte la popolazione dell'unità, che peraltro, considerati gli scarsi mezzi disponibili, si limitava ad un accurato intervento farmacologico accompagnato da un counseling abbastanza rudimentale, era caratterizzata da altissima compliance (93% retention rate a 11 mesi dall’inizio dell’intervento, con 2 soli abbandoni) e ottimi risultati rispetto alla cessazione dell'abuso delle sostanze stupefacenti. Gli esami delle urine, positivi a sostanze di abuso per il 22%, scendevano al 10,50 dopo solo due mesi di trattamento e le sostanze di abuso rilevate erano quasi esclusivamente benzodiazepine, cocaina ed alcool, dal momento che a tali dosaggi l'abuso di eroina è pressoché nullo.
Osservazioni di particolare rilievo riguardarono i pazienti posti agli estremi del range posologico (50 - 400 mg/die). Quelli a bassa posologia erano in prevalenza pazienti che esprimevano la volontà (anche forzando il setting) di un rapido disimpegno (3), o soggetti che usavano il farmaco durante periodi di scarsa reperibilità della droga d'abuso (1). Solo uno dei soggetti in osservazione a basso dosaggio sembrava raggiungere gli obiettivi fissati dal monitoraggio clinico (craving attenuato, nessun segno di abuso, assenza di disforia), e fu notato che assumeva fluvoxamina, farmaco oggi noto per il suo effetto di incremento sulla metadonemia. Gli utenti poliabusatori erano quelli che avevano decisamente sfondato i tetti. La metà di questi assumeva dosi superiori a 180 mg. In particolare, un soggetto aveva interrotto l'abuso di alcool a 320 mg/die ed era poi stato stabilizzato a 380 mg. Un altro aveva fortemente ridotto l'uso di BDZ (Minias gocce per endovena) a 400 mg. senza peraltro interromperlo del tutto, ma limitandosi ad un uso sporadico e per os.
Più recentemente il nostro gruppo ha intrapreso un servizio ambulatoriale di cura delle tossicodipendenze e di consulenza per medici, famiglie e utenti SERT. Gli utenti assistiti direttamente sono in numero limitato per l'oggettiva difficoltà di reperire il farmaco metadone, dal momento che UU.SS.LL. e Regione disattendono la normativa sull'approvvigionamento del farmaco (art. 42 e 43 DPR 309, e la circolare ministeriale 30.9.94, n. 20, "Linee guida per il trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi") e provengono sia dal locale SERT, con il quale è¨ stato raggiunto un protocollo di intesa, che dalle aree limitrofe. In tutto 19 pazienti, due dei quali in trattamento con antagonisti.
Dei rimanenti 17 trattati con metadone cloridrato, due sono da considerarsi "dimessi" per il loro alto grado di riabilitazione, l'assenza di recidive da oltre 2 anni e posologia attualmente ridotta rispetto a quella di stabilizzazione. Gli altri assumono dosi di metadone da 50 a 200 mg/die, con una media di 123 mg/die. Se si aggiunge che i soli tre pazienti che assumono dosi eguali o maggiori di 80 mg sono soggetti in trattamento da oltre un anno e che mostrano un buon adattamento sociale, si ripete l'osservazione dell'esperienza precedente, e cioè che il dosaggio di trattamento è assai più elevato di quello riportato nelle linee guida ministeriali. Anche in questo caso, a più alti dosaggi di metadone corrispondono risultati migliori (anche se rispetto all'esperienza precedente è stato aggiunto un counseling più accurato). Soltanto due dei 17 pazienti mostrano negli ultimi mesi urine sporche (1 uso saltuario di cocaina; 1 uso frequente di alcool e cocaina). L'uso di eroina nell'esperienza in questione è nullo.
E' certo che queste osservazioni cliniche dovrebbero essere testate su un numero maggiore di soggetti e adeguatamente sistematizzate. Abbiamo spesso tentato di iniziare una verifica simile, ma la situazione in cui versano i servizi pubblici e, in generale, le politiche di trattamento dei TD nella nostra regione e dell'intera nazione (non pronta accoglienza, scarsa disponibilità delle cure, scarsa correttezza dei protocolli, discriminazioni e pregiudizi, invii forzosi nelle comunità ) ci hanno più volte distolto da tali propositi per ricondurci ai temi più scottanti ed immediati dell'assistenza e della protezione dei numerosi soggetti che si rivolgono a noi per aiuto e consulenza, attività che ha da sempre impegnato il nostro gruppo di lavoro fin dalla sua fondazione.
Una conferma delle conclusioni tratte dalle nostre osservazioni ci è inaspettatamente giunta dagli USA, dove il dottor Shinderman del CAP (Center for Addictive Problems) di Chicago ha condotto uno studio su un gruppo di 77 pazienti reclutati fra i 1.300 assistiti nella sua clinica. Tale gruppo di pazienti era caratterizzato da un uso più intenso di eroina e da elevata percentuale di comorbidità psichiatrica (73% rispetto al 33% dell'intera popolazione di assistiti). La dose del metadone assunto mediamente dal campione ad "alto dosaggio" era di 202,5 mg (110 - 580), e i test positivi delle urine erano scesi al 5% rispetto al 35% precedente allo studio e al 30% rispetto alla restante popolazione di pazienti. Un'altra importante osservazione di Shinderman ha riguardato il fatto che laddove i pazienti sono autorizzati ad autoregolarsi la dose di metadone e privi di un counseling specifico, questi tendono a sottodosarsi e a continuare l'uso di stupefacenti. Tale osservazione trova riscontro anche nella nostra esperienza e può essere fatta facilmente anche in quei pochi Sert dove gli operatori, credendo di far bene, somministrano il farmaco secondo le richieste dei pazienti.
E' chiaro che, alla luce di queste osservazioni cliniche, verrebbe utile modificare le indicazioni e le linee guida ministeriali, indicando 60 - 120 come dose media di stabilizzazione, posologia però aumentabile nei casi opportuni e secondo osservazioni cliniche. Il limite inferiore di tale range risulta inoltre abbastanza "stretto" se si prendono in considerazione gli studi di Ball & Ross (85/86) su 617 pazienti di diversi servizi nord americani, e quelli di Caplehorne & Bell (91) in Australia. Tali studi mostrano chiaramente come la percentuale di uso di eroina tende a valori bassissimi via via che la dose si avvicina agli 80 mg, e come tale posologia giornaliera costituisca lo spartiacque per raggiungere lo zero di uso di eroina e per raddoppiare la retention in trattamento.
Proprio ultimamente abbiamo dovuto sostenere, di fronte ad un magistrato sprovveduto ed irresistibilmente attratto dalle comunità terapeutiche, come fosse opportuno per un nostro paziente ex poliabusatore di sostanze ed inserito in MMTP assumere giornalmente una dose di metadone di 160 mg/die, e come, nonostante ciò fosse del tutto "lucido", per niente "stupefatto" ed astinente da oltre tre mesi per la prima volta dopo oltre 10 anni di tossicodipendenza attiva. Un compito non facile in mancanza di indicazioni ufficiali e in presenza di un personaggio autorevole, ma poco disposto a riflettere al di là delle sue più che opinabili credenze.
La maggior parte degli operatori del nostri servizi pubblici non ha ancora messo a fuoco l'idea che le indicazione della circolare ministeriale non si riferiscono ad un "alto dosaggio". Non viene altresì considerato il fatto che non esistono in letteratura studi attendibili che indicano posologie inferiori per l'attuazione del "Mantenimento Metadonico". Tale definizione, infatti, dovrebbe essere riservata ad interventi farmacologici protratti nel tempo e che superano i niente affatto eccezionali dosaggi medi 130 - 140 mg/die, ad oggi routinariamente utilizzati in molte significative esperienze cliniche.
Il diverso grado di tolleranza medio della nostra popolazione tossicomanica rispetto a quello di alcuni servizi nord americani di riferimento, d'altra parte, potrebbe essere spiegato da vari fattori tra i quali la già citata modalità di somministrazione del farmaco sostitutivo "su domanda", abbastanza diffusa nei nostri Sert. Questa pratica può condurre sia all'uso di eroina, che al mantenimento del paziente in una sorta di "fase finestra" (di solito dosaggi fra 50 e 90mg/dì), tale da bloccare gli effetti dell'eroina ma non il craving. Il ché favorisce sicuramente lo sviluppo del poliabuso si sostanze, soprattutto BDZ, cocaina e alcool. Il poliabuso è diffusissimo nella popolazione dei Sert. Nel primo caso il metadone è in grado di produrre un'elevata tolleranza crociata all'eroina alla quale il tossicodipendente risponde con l'iniezione di dosi massicce della sostanza; nel secondo caso, sia le BDZ che l'alcool possono aumentare la tolleranza al metadone per induzione epatica, e probabilmente, anche mediante meccanismi sul SNC meno noti.
Nel counseling di base mirato all'orientamento dei pazienti dovrebbero includersi alcune osservazioni sui dosaggi adeguati. I tossicodipendenti da strada, come e forse più di ogni altro potenziale paziente, non hanno le competenze per stabilire nei dettagli una terapia medica adatta al proprio stato patologico, e tenderanno sempre e comunque ad utilizzare il metadone come "sintomatico" contro la sindrome di astinenza. Mantenere il paziente in tale condizione può essere utile in una fase di approccio, ma finisce per essere controproducente in un rapporto a lungo termine o comunque, ricorrente. Si genera una specie di cronicizzazione di una pratica inadeguata e frustrante sia per il terapeuta che per il paziente. Nel rapporto medico - paziente il vero salto di qualità avviene nel momento in cui si passa dall'intervento di primo soccorso o di "harm reduction" (che peraltro pochi operatori offrono, come invece dovrebbero, fin dal primo contatto con il paziente), alla accettazione da parte del paziente di un vero e proprio protocollo terapeutico. In questa prospettiva, è evidente che il metadone, utilizzato non più come "sintomatico" ma come farmaco curativo, ne possiede e ne rivela tutte le caratteristiche. Queste si manifestano attraverso il blocco degli effetti degli oppioidi veloci, poi con il contenimento del craving, fino alla stabilizzazione dell'umore.
Il tutto associato ad effetti collaterali di scarso rilievo, seppure talvolta tutt'altro che gradevoli. E' compito dell'operatore esperto quello di condurre il paziente oltre il periodo di induzione per realizzare il recupero di un completo stato funzionale. Nella migliore delle ipotesi, però, anche nei Sert meno ostici alle terapie metadoniche, si concede, su richiesta, un incremento del dosaggio. Come se un paziente ricoverato in medicina si sentisse dire dall'internista: "Lei ha una polmonite. Mi dica che farmaco vuole, quanto ne vuole e per quanto tempo. Per me fa lo stesso!".
Gli effetti collaterali di una adeguata terapia metadonica sono ben conosciuti e dovrebbero essere noti anche al counselor, che ha il compito di rassicurare il paziente e di aiutarlo a conferire a questi effetti il giusto peso, per accettarli con serenità in vista del ben più importante ed auspicabile beneficio terapeutico.
Va notato che possono riscontrarsi rarissimi ed assai poco noti casi di intolleranza al farmaco nei quali sembra si producano sintomi abnormi, quali incubi, algie muscolo articolari, mal di testa, sintomi che potrebbero talora simulare una situazione di "astinenza paradossale" (abbiamo osservato un caso che era stato omologato come "allergia al metadone"). Devono inoltre essere tenute presenti alcune poche controindicazioni, quali la presenza di patologie come asma, disturbi del ritmo cardiaco con bradicardia e/o ipotensione, edema cerebrale perilesionale. Si tratta di situazioni che possono comunque essere motivo di più attenta osservazione clinica, piuttosto che di esclusione del paziente dal trattamento metadonico, cosa che lo condurrebbe all'abuso di oppiacei ben più attivi e dannosi.
Gli effetti collaterali più generalmente noti e riscontrabili sono la stipsi, la sudorazione, l'aumento ponderale e l'abbassamento della libido e, come tutti sanno, questi possono presentarsi ad ogni livello di dosaggio se la tolleranza non è¨ ancora sviluppata. Ciò significa che in fase di induzione tali effetti collaterali saranno maggiori e che tenderanno ad attenuarsi nella successiva fase di stabilizzazione, quale che sia la dose raggiunta, e man mano che la tolleranza si instaura.
Praticamente, tutti gli effetti collaterali suddetti sono ben ovviabili con opportuni interventi terapeutici, ad eccezion fatta per la sudorazione. Questa tende a permanere anche dopo la scomparsa di tutti gli altri effetti collaterali, che avviene generalmente dopo un periodo variabile di 3-6 mesi una volta raggiunta la dose stabile. Stipsi ed aumento ponderale possono essere trattati, prima della loro naturale scomparsa, con norme igienico alimentari quali l'assunzione di fibre, di liquidi, l'introduzione di pratiche ginniche e la limitazione dell'apporto calorico. Oppure con interventi farmacologici. I nostri pazienti vengono invitati ad assumere lattulosio o mucillaggini associati ad olio di paraffina tutte le sere per limitare gli effetti sull'alvo.
Se l'incremento ponderale non dipende da aumento dell'appetito ma, come a volte si verifica, per ritenzione idrica, viene prescritto un diuretico a giorni alterni. Per il calo della libido di solito è necessario invitare il paziente ad attendere la fine del periodo di induzione. Con il ripristino dell'equilibrio ormonale, generalmente nel tempo necessario al ripristino del ciclo mestruale nelle donne, tale effetto tende a scomparire. Si tratta di effetti mediati da iperprolattinemia, che può provocare momentanea ginecomastia maschile, nonché mastodinia, lattorrea e/o turgore mammario nelle femmine. Solo in pochissimi casi si rende necessaria una riduzione della posologia di metadone.
Grossi problemi derivano non tanto dagli effetti del principio attivo del farmaco, quanto dalla scarsa considerazioni che operatori, programmatori e case farmaceutiche nutrono per questi pazienti. E' noto che, a prescindere dall' Eptadone in fiale, forma spesso indisponibile nelle farmacie delle UU.SS.LL. e quindi poco utilizzabile, il metadone cloridrato è disponibile soltanto in veicolo sciropposo in concentrazione decisamente punitiva (1:1). In tal modo i soggetti in cura a dosi adeguate sono costretti a sorbire un copioso beverone di sciroppo e presentano spesso problemi di intolleranza gastrica tali da costringere l'operatore a ricorrere talvolta all'uso di antiemetici e/o procinetici. Negativo anche l'impatto psicologico di tutto quel liquido, che comporta come minimo la necessità da parte del medico di rassicurare il paziente con un "sembra tanto, ma non è. E per i pazienti diabetici? Non ci sono alternative. Devono assumere ben 8 gr. di saccarosio ogni 20 cc. di metadone!!!
L'uso di dosaggi adeguati di metadone, definiti impropriamente "alti dosaggi" ingenera strane paure nei colleghi medici che spesso, probabilmente ignari dei meccanismi della tolleranza farmacologica, durante riunioni e convegni ci chiedono come sia possibile che l'assunzione di 200 mg di metadone sia compatibile con la vita normale. Non è certo il caso di spiegare il meccanismo in questa sede e meglio sarà rinviare coloro che nutrono simili perplessità allo studio della farmacologia generale.
Le overdosi da metadone, per quanto ne sappiamo, non costituiscono un fenomeno diffuso o preoccupante. I pochi casi riportati si riferiscono ad un uso improprio del farmaco da parte di operatori inesperti, a volte mossi da pressioni di un TD in preda alle pulsioni tipiche dell'astinenza. Oppure da assunzione di metadone accidentale da parte di bambini attratti dallo sciroppo dolce, o da parte di individui non tolleranti che tentano di automedicarsi con metadone dirottato.
Nel primo caso è bene ricordare che la dose letale di metadone negli individui non tolleranti è di 1mg/Kg. La dose iniziale, quindi, non dovrà mai superare i 40/50 mg. in pazienti il cui livello di tolleranza non sia noto, ed eventualmente, questi soggetti potranno usufruire di una seconda somministrazione dopo la terza o quarta ora, riscontrate l'assenza di sedazione e la permanenza della sintomatologia astinenziale. Nell'immaginario dei TD che acquistano il farmaco clandestinamente, il metadone non è generalmente ritenuto una sostanza appetibile per i suoi effetti, ma semplicemente, una "droga di stato". Tali soggetti non gradirebbero assumere dosaggi adeguati dell'oppioide in questione, al quale tendono a riferire ogni loro problema (se potessero anche le tromboflebiti da iniezione). Si tratta di reazioni plausibili se si considera lo scarso effetto "stupefacente" del metadone, dovuto alla sua lenta cinetica, che lo rende poco adatto all'abuso, al massimo, "sgradevolmente" sedativo. D'altra parte, in letteratura, non sono note epidemie dilaganti di tossicodipendenze da metadone.
Sarebbe invece necessario informare i medici sugli effetti protettivi del metadone rispetto ai rischi di overdose. L'alto livello di tolleranza indotto da un dosaggio adeguato di metadone è crociato con tutti gli altri oppiacei e, di fatto, rende impossibile l'overdose. Inoltre, il documentato effetto anti craving delle dosi adeguate rende meno probabile il ricorso a sostanze deprimenti il SNC, come le BDZ e l'alcool, il cui uso è invece diffuso ampiamente fra i soggetti sottodosati.
Nel corso di tutta la nostra pratica terapeutica sui TD ci siamo dovuti interessare di episodi di overdose in individui deprivati forzatamente della terapia metadonica nei Sert, usciti dalle carceri (dove ancora oggi è diffusa la pratica dello scalaggio barbaro e indiscriminato a tutti i soggetti, compresi i sieropositivi), o reduci dalle comunità terapeutiche.
Due soltanto i casi di overdose che sono occorsi nella storia del nostro gruppo di lavoro. Il primo ad un paziente che non ritenendo importante o volendo occultare il pesante abuso di BDZ, presentava evidenti sintomi astinenziali anche dopo generosa somministrazione di metadone. Ci accorgemmo dell'errore, che peraltro fu facile ovviare, quando nel paziente insorse un pesante stato di sedazione intervallato da attacchi di panico. Un secondo caso occorse a stabilizzazione avvenuta in un soggetto nel quale avevamo deciso di trattare un disturbo dell'umore con fluvoxamina. Un mese dopo, una pubblicazione rese noto l'effetto di tale farmaco sulla metadonemia.
Significativi, al contrario, due altri casi osservati durante un periodo di cooperazione attiva in un Sert. Per errore del personale infermieristico si era verificato un raddoppio della dose in pazienti in terapia con posologie maggiori di 100 mg/die. Nell'occasione i due soggetti ebbero alcun effetto avverso, ed uno, addirittura riferì di non essersi accorto dell'errore.
In ogni caso, l'overdose da metadone, per le particolari caratteristiche del farmaco, non ha l'insorgenza fulminante di quella dell'eroina EV. Per lungo periodo il paziente resta in stato di crescente sedazione e la depressione respiratoria sopraggiunge soltanto dopo ore. Il margine per l'intervento salvavita è ampio e, nelle nostre pur limitate esperienze, non è mai stato necessario usare la via EV per l'antagonista. I casi sono stati trattati con 1/2 fiala di naloxone IM ogni 11/2 h, fino al raggiungimento di un permanente stato di veglia.
Episodi di sovradosaggio possono eventualmente riguardare:
• pazienti provenienti dalla strada con tolleranza non quantificabile;
• poliabusatori nel periodo di induzione, per gli effetti concomitanti di altre sostanze deprimenti il SNC (BDZ e alcool);
• interazione con farmaci che possono aumentare la metadonemia, quindi, l'effetto sedativo (fuvoxamina, cimetidina, potenzialmente alcuni triciclici. Variazioni di segno alterno sono possibili con alcuni inibitori della proteasi);
• pazienti con grave insufficienza epatica, considerata la diffusione di HBV, HCV e etilismo.
La nostra vera preoccupazione circa danni eventuali della terapia metadonica riguarda piuttosto l'inadeguatezza dei protocolli e l'impreparazione di molti operatori, che effettuano la terapia a dosaggi inadeguati o che sottopongono i pazienti a periodi di induzione troppo lunghi (la ricerca della dose anti craving richiede di solito 20/40 giorni con possibili aggiustamenti successivi). E' bene ricordare che l'induzione in MMTP passa per tre fasi statisticamente riferibili a tre livelli di dosaggio:
1. 20 - 50 mg/die sono da considerarsi anti astinenziali, quindi, meramente sintomatici;
2. 50 - 90 mg/die riescono ad attenuare o a bloccare in molti casi (blocking dose) gli effetti degli oppiacei d'abuso, ma non sono anti craving;
3. oltre gli 80, senza limite superiore, si ottiene l'effetto anti appetizione e quello della stabilizzazione dell'umore.
Ed è in quest'ultimo range che, generalmente, si ottengono gli effetti più propriamente terapeutici. Da notare che, a nostro avviso, proprio i dosaggi intermedi sono i più pericolosi, perché mantengono il soggetto nella già descritta "fase finestra" durante la quale, non essendo eliminata l'appetizione compulsiva e non potendo ottenere effetti dall'eroina, questi tende a ricorrere a sostanze non bloccate dal metadone.
E' evidente, inoltre, che a prescindere da un uso sintomatico del metadone come cross over per altre terapie astinenziali, l'impiego di dosi "non terapeutiche" di farmaco dovrebbe essere utilizzato soltanto in interventi di "harm reduction", spiegando in modo chiaro al paziente che quelle dosi non sono ottimali, che egli non è inserito in un vero e proprio protocollo terapeutico e che l'intervento, in quella fase, mira soltanto al contenimento della sintomatologia contingente e alla profilassi per i rischi connessi. A questo proposito Vincent P. Dole e Robert Newman sostengono che, di tale situazione, il paziente dovrebbe essere informato e che dovrebbe specificata-mente autorizzare il medico all'utilizzo del farmaco in quantità non ritenute utili ai fini della terapia. Per tornare al già avanzato esempio della polmonite, il medico dovrebbe informare il paziente che userà una quantità di antibiotici inferiore a quella ritenuta ottimale, e che si limiterà al contenimento della sintomatologia. E per questo dovrebbe essere specificatamente autorizzato dal paziente, onde non incorrere in una denuncia per malapratica.
Per concludere, la nostra esperienza ci consente di affermare, in buon accordo con le osservazioni emergenti in altre esperienze cliniche significative, che un buon setting terapeutico dovrebbe essere orientato verso una fase di induzione breve, con rapidi incrementi del dosaggio, per raggiungere una posologia determinata in base al monitoraggio del craving e all'assenza di segni di sedazione, piuttosto che al contenimento e scomparsa della sintomatalogia astinenziale. Gli effetti di un simile approccio, oltre a garantire contro un eventuale poliabuso di sostanze, sono apprezzabili anche rispetto ad un generale aumento della compliance. I pazienti, infatti, liberati in primissima fase dai sintomi astinenziali, vengono subito dopo affrancati dalla ben più determinante appetizione compulsiva. Da questo stato ricavano una gradevole sensazione che ingenera in loro rassicurazione sull'efficacia complessiva dell'intervento e sentimento di fiducia verso gli operatori.
Ed è proprio sull'intervenuta astensione dall'abuso di sostanze e sul forte legame empatico che il medico sarà riuscito a costruire nelle fasi precoci dell'intervento che si gettano le basi di una relazione durevole, di segno decisamente positivo, e che, in definitiva, sono gli elementi indispensabili per determinare l'esito favorevole dell'intero programma.
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