BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L'ALCOOLISMO

 

ANNO XXI 1998, no. 1:
MMTP ad alte dosi. Nuovi studi e riflessioni
Carlo Nardini*, Ubaldo Bonuccelli**, Giovanni Umberto Corsini***

Riassunto
Recenti ricerche hanno evidenziato che più alte dosi di metadone oltre gli 80-120 mg/die generalmente raccomandati sono non solo sicure, ma efficaci e assolutamente necessarie a prevenire l’uso delle sostanze illecite per molti pazienti. Queste suggeriscono che, se anche la misurazione dei livelli plasmatici può essere utile come guida alla terapia, i sintomi e i segni astinenziali ed il continuato ricorso alle sostanze di abuso sono gli indicatori fondamentali per procedere ad un aumento della dose di metadone ed acquisire quella ottimale. Tutto questo trova conferma nella nostra esperienza che si è basata su osservazioni cliniche. L’uso continuato di droghe illecite costituisce l’indicatore più ovvio per procedere ad un incremento di dosaggio. Le nostre osservazioni sottolineano l’importanza di un’induzione veloce della dose stabilizzante per evitare i danni provocati dalla "fase finestra" che può individuarsi fra il dosaggio bloccante gli effetti degli oppioidi e quello antiappetitivo. Emerge anche l’esigenza del clinico di basare la posologia di metadone non tanto sui sintomi astinenziali (sintomatologia negativa) quanto su quelli di un eventuale sovradosaggio (sintomatologia positiva). Abbiamo anche osservato che, lasciando la decisione sul dosaggio di metadone ai pazienti, questi tendono a prenderne meno di necessario. Alla luce di queste acquisizioni sarebbe necessario revisionare il setting per l’orientamento dei pazienti in mantenimento metadonico e le attuali linee guida ministeriali.
Parole chiave: Overdose da metadone, Fase finestra, Dosi inadeguate
Abstract
High Dosage Methadone Maintenance Treatment Programme (MMTP). Trends and studies
Recent research has found that methadone doses in excess of the usual recommended 80-120 mg/d are not only safe, but effective and even necessary for many patients to prevent continued illicit drug use. it is suggested that while methadone blood serum levels can be useful as a guide to therapy, withdrawal signs and symptoms as well as the continued illicit use of drugs, are primary indicators of the need to increase the methadone dosage up to an optimal daily dose. These findings have been confirmed by experience based on clinical observation. The continued use of illicit drugs is the most obvious sign of the need for an increased methadone dosage and our findings underline the importance of reaching a stabilising dose as fast as possible in order to avoid the harm connected to the "critical phase" which is found between the dose necessary to block the effects of the opiate and that necessary to counteract the craving. The clinician should calculate overdose (positive) symptoms, rather than withdrawal (negative) symptoms in order to define the appropriate dose of methadone. It was also found that if the decision is left to the patient there is a tendency to undermedicate. In the light of these results, current counseling for MMTP patients and present ministerial guidelines in this regard should be reviewed.
Keywords: Methadone overdose, Inadequate dosage


Da diversi anni avevamo notato che riferendo il dosaggio di metadone cloridrato ad un attento monitoraggio della sintomatologia dei nostri pazienti (craving, uso o poliabuso di stupefacenti, disforia, ecc.), piuttosto che a posologie standardizzate in letteratura (80 - 120mg) si otteneva un range di dosaggio medio più elevato di quanto riportato dalla maggior parte degli studi nord americani. In una esperienza condotta presso la clinica psichiatrica dell'Università di Pisa negli anni ‘93 e ‘94 (anni nei quali i nostri medici poterono badare più alla clinica che alle vicende giudiziarie e politiche sull'uso del metadone cloridrato) si giunse progressivamente all'arruolamento di 52 pazienti di cui 10 con diagnosi di poliabuso di sostanze, 8 con comorbidità psichiatriche di varia natura, si notò che la posologia media dei pazienti era di 130 mg/die, rispetto agli 80±20 indicati dalla maggior parte degli autori. D'altra parte la popolazione dell'unità, che peraltro, considerati gli scarsi mezzi disponibili, si limitava ad un accurato intervento farmacologico accompagnato da un counseling abbastanza rudimentale, era caratterizzata da altissima compliance (93% retention rate a 11 mesi dall’inizio dell’intervento, con 2 soli abbandoni) e ottimi risultati rispetto alla cessazione dell'abuso delle sostanze stupefacenti. Gli esami delle urine, positivi a sostanze di abuso per il 22%, scendevano al 10,50 dopo solo due mesi di trattamento e le sostanze di abuso rilevate erano quasi esclusivamente benzodiazepine, cocaina ed alcool, dal momento che a tali dosaggi l'abuso di eroina è pressoché nullo.
Osservazioni di particolare rilievo riguardarono i pazienti posti agli estremi del range posologico (50 - 400 mg/die). Quelli a bassa posologia erano in prevalenza pazienti che esprimevano la volontà (anche forzando il setting) di un rapido disimpegno (3), o soggetti che usavano il farmaco durante periodi di scarsa reperibilità della droga d'abuso (1). Solo uno dei soggetti in osservazione a basso dosaggio sembrava raggiungere gli obiettivi fissati dal monitoraggio clinico (craving attenuato, nessun segno di abuso, assenza di disforia), e fu notato che assumeva fluvoxamina, farmaco oggi noto per il suo effetto di incremento sulla metadonemia. Gli utenti poliabusatori erano quelli che avevano decisamente sfondato i tetti. La metà di questi assumeva dosi superiori a 180 mg. In particolare, un soggetto aveva interrotto l'abuso di alcool a 320 mg/die ed era poi stato stabilizzato a 380 mg. Un altro aveva fortemente ridotto l'uso di BDZ (Minias gocce per endovena) a 400 mg. senza peraltro interromperlo del tutto, ma limitandosi ad un uso sporadico e per os.
Più recentemente il nostro gruppo ha intrapreso un servizio ambulatoriale di cura delle tossicodipendenze e di consulenza per medici, famiglie e utenti SERT. Gli utenti assistiti direttamente sono in numero limitato per l'oggettiva difficoltà di reperire il farmaco metadone, dal momento che UU.SS.LL. e Regione disattendono la normativa sull'approvvigionamento del farmaco (art. 42 e 43 DPR 309, e la circolare ministeriale 30.9.94, n. 20, "Linee guida per il trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi") e provengono sia dal locale SERT, con il quale è¨ stato raggiunto un protocollo di intesa, che dalle aree limitrofe. In tutto 19 pazienti, due dei quali in trattamento con antagonisti.


Nel corso di tutta la nostra pratica terapeutica sui TD ci siamo dovuti interessare di episodi di overdose in individui deprivati forzatamente della terapia metadonica nei Sert, usciti dalle carceri (dove ancora oggi è diffusa la pratica dello scalaggio barbaro e indiscriminato a tutti i soggetti, compresi i sieropositivi), o reduci dalle comunità terapeutiche.
Due soltanto i casi di overdose che sono occorsi nella storia del nostro gruppo di lavoro. Il primo ad un paziente che non ritenendo importante o volendo occultare il pesante abuso di BDZ, presentava evidenti sintomi astinenziali anche dopo generosa somministrazione di metadone. Ci accorgemmo dell'errore, che peraltro fu facile ovviare, quando nel paziente insorse un pesante stato di sedazione intervallato da attacchi di panico. Un secondo caso occorse a stabilizzazione avvenuta in un soggetto nel quale avevamo deciso di trattare un disturbo dell'umore con fluvoxamina. Un mese dopo, una pubblicazione rese noto l'effetto di tale farmaco sulla metadonemia.
Significativi, al contrario, due altri casi osservati durante un periodo di cooperazione attiva in un Sert. Per errore del personale infermieristico si era verificato un raddoppio della dose in pazienti in terapia con posologie maggiori di 100 mg/die. Nell'occasione i due soggetti ebbero alcun effetto avverso, ed uno, addirittura riferì di non essersi accorto dell'errore.
In ogni caso, l'overdose da metadone, per le particolari caratteristiche del farmaco, non ha l'insorgenza fulminante di quella dell'eroina EV. Per lungo periodo il paziente resta in stato di crescente sedazione e la depressione respiratoria sopraggiunge soltanto dopo ore. Il margine per l'intervento salvavita è ampio e, nelle nostre pur limitate esperienze, non è mai stato necessario usare la via EV per l'antagonista. I casi sono stati trattati con 1/2 fiala di naloxone IM ogni 11/2 h, fino al raggiungimento di un permanente stato di veglia.


Episodi di sovradosaggio possono eventualmente riguardare:


• pazienti provenienti dalla strada con tolleranza non quantificabile;
• poliabusatori nel periodo di induzione, per gli effetti concomitanti di altre sostanze deprimenti il SNC (BDZ e alcool);
• interazione con farmaci che possono aumentare la metadonemia, quindi, l'effetto sedativo (fuvoxamina, cimetidina, potenzialmente alcuni triciclici. Variazioni di segno alterno sono possibili con alcuni inibitori della proteasi);
• pazienti con grave insufficienza epatica, considerata la diffusione di HBV, HCV e etilismo.
La nostra vera preoccupazione circa danni eventuali della terapia metadonica riguarda piuttosto l'inadeguatezza dei protocolli e l'impreparazione di molti operatori, che effettuano la terapia a dosaggi inadeguati o che sottopongono i pazienti a periodi di induzione troppo lunghi (la ricerca della dose anti craving richiede di solito 20/40 giorni con possibili aggiustamenti successivi). E' bene ricordare che l'induzione in MMTP passa per tre fasi statisticamente riferibili a tre livelli di dosaggio:
1. 20 - 50 mg/die sono da considerarsi anti astinenziali, quindi, meramente sintomatici;
2. 50 - 90 mg/die riescono ad attenuare o a bloccare in molti casi (blocking dose) gli effetti degli oppiacei d'abuso, ma non sono anti craving;
3. oltre gli 80, senza limite superiore, si ottiene l'effetto anti appetizione e quello della stabilizzazione dell'umore.

Ed è in quest'ultimo range che, generalmente, si ottengono gli effetti più propriamente terapeutici. Da notare che, a nostro avviso, proprio i dosaggi intermedi sono i più pericolosi, perché mantengono il soggetto nella già descritta "fase finestra" durante la quale, non essendo eliminata l'appetizione compulsiva e non potendo ottenere effetti dall'eroina, questi tende a ricorrere a sostanze non bloccate dal metadone.
E' evidente, inoltre, che a prescindere da un uso sintomatico del metadone come cross over per altre terapie astinenziali, l'impiego di dosi "non terapeutiche" di farmaco dovrebbe essere utilizzato soltanto in interventi di "harm reduction", spiegando in modo chiaro al paziente che quelle dosi non sono ottimali, che egli non è inserito in un vero e proprio protocollo terapeutico e che l'intervento, in quella fase, mira soltanto al contenimento della sintomatologia contingente e alla profilassi per i rischi connessi. A questo proposito Vincent P. Dole e Robert Newman sostengono che, di tale situazione, il paziente dovrebbe essere informato e che dovrebbe specificata-mente autorizzare il medico all'utilizzo del farmaco in quantità non ritenute utili ai fini della terapia. Per tornare al già avanzato esempio della polmonite, il medico dovrebbe informare il paziente che userà una quantità di antibiotici inferiore a quella ritenuta ottimale, e che si limiterà al contenimento della sintomatologia. E per questo dovrebbe essere specificatamente autorizzato dal paziente, onde non incorrere in una denuncia per malapratica.
Per concludere, la nostra esperienza ci consente di affermare, in buon accordo con le osservazioni emergenti in altre esperienze cliniche significative, che un buon setting terapeutico dovrebbe essere orientato verso una fase di induzione breve, con rapidi incrementi del dosaggio, per raggiungere una posologia determinata in base al monitoraggio del craving e all'assenza di segni di sedazione, piuttosto che al contenimento e scomparsa della sintomatalogia astinenziale. Gli effetti di un simile approccio, oltre a garantire contro un eventuale poliabuso di sostanze, sono apprezzabili anche rispetto ad un generale aumento della compliance. I pazienti, infatti, liberati in primissima fase dai sintomi astinenziali, vengono subito dopo affrancati dalla ben più determinante appetizione compulsiva. Da questo stato ricavano una gradevole sensazione che ingenera in loro rassicurazione sull'efficacia complessiva dell'intervento e sentimento di fiducia verso gli operatori.
Ed è proprio sull'intervenuta astensione dall'abuso di sostanze e sul forte legame empatico che il medico sarà riuscito a costruire nelle fasi precoci dell'intervento che si gettano le basi di una relazione durevole, di segno decisamente positivo, e che, in definitiva, sono gli elementi indispensabili per determinare l'esito favorevole dell'intero programma.


Bibliografia
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