Di Anthony Scro
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Anthony Scro è un volontario del NAMA, fondatore dell'associazione affiliata al NAMA chiamata Association for the Betterment of Addiction Treatment and Education (ABATE) ovvero Associazione per il Miglioramento dell'Educazione e delle Cure per le Dipendenze, egli è un sostenitore della terapia metadonica da più di 20 anni.
Continua senza sosta. Sembra che non ci sia mai una fine. Tutti noi ci siamo sentiti fare le stesse domande e abbiamo sofferto le stesse umiliazioni.
"Quando hai intenzione di smettere con quella roba?"
"Perché ne devi prendere così tanto?" "Non vuoi disintossicarti o almeno scendere un pochino?"
"Pensi di rimanere con il metadone per il resto della tua vita?"
"Come puoi, in nome di Dio, lasciare che quel bambino nasca mentre stai prendendo tutto quel veleno?"
Pare incredibile che un farmaco chiamato "metadone", il mezzo più efficace di curare l'assuefazione agli oppiacei, riconosciuto da medici, governi e nazioni di tutto il mondo, sia ancora oggi male interpetrato come lo era quando, per la prima volta, fu introdotto come sistema di trattamento nel 1960. In tempi passati, io, molto naïf, avevo creduto che le attitudini intolleranti e le controversie che circondano i livelli di dosaggio, la lunghezza del trattamento, le politiche di affidamento, l'autogestione del farmaco e la gravidanza, si sarebbero gradualmente dissolte attraverso la combinazionedi formazione professioale l'educazione, la documentazione di risultati positivi e anche dal semplice passare del tempo. Sfortunatamente queste illuminazioni non si sono verificate. Piuttosto, le argomentazioni contrarie si sono intensificate ad un punto da sfidare sia la ragione che la realtà scientifica. Dopo molte discussioni, attraverso gli anni, con sostenitori e critici del metadone, io mi sento semplicemente incapace di riuscire a spiegare perché un farmaco con un effetto provato positivo è contestato in un modo così emozionale ed ingiusto. Posso solo concludere che coloro che soffrono dalla paura del metadone e/o odiano i pazienti in cura con il metadone solo perché scelgono una certa forma di trattamento, hanno sviluppato un disordine mentale diagnosticabile che io chiamo Metadofobia.
Questa condizione, se non è trattata in tempo può essere pericolosa per la vostra salute e per la salute dei pazienti in cura con il metadone.
Negli anni passati, molte delle dichiarazioni perbeniste e le filosofie stigmatizzanti circa il metadone sono servite a far sentire "male" i pazienti su quello che li doveva invece far sentire "bene" o a loro agio. Ciò danneggiava abbastanza. Ma oggi la posta è molto più alta. Nel quadro dell'uso terapeutico del metadone nella lotta contro l'HIV /AIDS ; si è scoperto che il metadone funziona come una vera profilassi HIV se uno che usava precedentemente droghe per via endovenosa segue il piano di trattamento medico prescritto e pratica un comportamento sessuale più sicuro. Le attitudini "metadofobiche" possono essere mortali, può effettivamente costare vite umane, il fatto che ad un abusatore di oppiacei possa essere negato l'accesso alla terapia metadonica semplicemente perché a qualcuno non piace quel metodo di cura. Qui sotto ci sono alcune raccomandazioni per il trattamento della "Metadofobia", specificamente indirizzato a coloro che lavorano nei programmi metadonici.
Prendete possesso dei vostri atteggiamenti. Accettateli come vostri e di nessun altro. E se non volete cambiarli, prendetevi cura di non trasferirli sui vostri pazienti, i quali fanno un grande affidamento sulla vostra obbiettività. Siate aperti alle informazioni sul Metadone. Leggetevi qualche pubblicazione, sugli studi e sulle scoperte recenti. Per esempio, un reportage del Dicembre 1994, rilasciato dall'Istituto di Medicina, che fa parte della National Academy of Science, hanno fatto, tra le altre, queste raccomandazioni:
Ai medici deve essere permesso di prescrivere qualsiasi dose sia necessaria individualmente per ogni paziente.
I pazienti che prendono il metadone devono continuare il trattamento anche se sono ospedalizzati.
I medici devono decidere se i tossicodipendenti hanno i requisiti appropriati per essere candidati alla terapia metodica, per quanto tempo somministrare il farmaco, e quando i pazienti possono portarsi il metadone a casa invece di doverlo prendere in clinica.
Le tossicodipendenti in stato di gravidanza devono essere subito trattate con un intero ciclo di metadone, non esistono prove scientifiche che il metadone è tossico per il feto, mentre l'eroina è provato lo è. Nota dell'editore: una crisi d'astinenza da eroina è molto controindicata per le tossicodipendenti in stato di gravidanza specialmente durante certi periodi di sviluppo del feto.
Ascoltate le vostre pazienti. Chiedete loro di che cosa hanno bisogno per essere produttivi. Dopotutto, è o non è il "loro" recupero? Trattateli più come consumatori (clienti), impegnatevi ad ottenere per loro un alto livello di soddisfazione.
Imparate ad apprezzare successi misurati da risultati positivi. Non vi fissate sui livelli delle dosi, sono solo numeri. Il solo numero che conta è quello che elimina gli oppiacei. Dando soddisfazione ai bisogni fisici dei pazienti si stabiliscono le basi per l'applicazione di tutti gli utili servizi di supporto.
Non spingete le donne in stato di gravidanza fuori dal trattamento. E' tragico pensare che una donna in gravidanza, altrimenti motivata al cambiamento, possa essere spinta a ricorrere all'eroina della strada da un impropriamente ordinata astinenza dal metadone, esponendo così se stessa ed il bambino non ancora nato ad un pericoloso comportamento. Famiglie intere stanno morendo. E' critico e imperativo che ci sia continuità della cura durante il periodo di gravidanza.
Infine poniamo termine alla follia, firmando ognuno il suo "contratto" per lavorare insieme con questo meraviglioso strumento (il trattamento metadonico) per salvare vite umane.
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