Metadone: Terapia ad Ostacoli

   
   

Alcuni anni fa un medico del SerT da cui dipendevo, di fronte alle mie lamentele per la sospensione dell'autogestione di metadone mi rispondeva:

"questo è ancora niente! Per voi tossici prendere il metadone dovrebbe essere così complicato e stressante da indurvi a smettere!".

Allora credevo che questo modo di pensare fosse particolare e strettamente conesso alla sua personalità un po' fascistoide. Da quando ho dovuto nuovamente rivolgermi al servizio pubblico mi sono resa conto che questa è tuttora la mentalità imperante. Dopo aver concordato un trattamento protratto di metadone al SerT da cui ora dipendo, ho avuto l'esigenza, per motivi lavorativi, di essere appogiata per la somministrazione a un altro ospedale. Seguendo un iter prettamente burocratico, dovevo recarmi con la mia prescrizione al SerT di riferimento per quell'ospedale, per la trascrizione della ricetta. Qui sono iniziati i problemi! Il medico del SerT a cui mi sono rivolta non è era d'accordo con i mantenimenti metadonici, sia per motivi chiamiamoli pure "etici" e sia, perchè non attinenti alle direttive regionali e nazionali, che con la legge del '90 avevano cercato di ridurre i trattamenti a base di sostitutivi, incrementando altre forme di recupero (comunità , etc...). Il mio caso gli risultava come minimo scomodo e quindi ha cominciato a crearmi tutta una serie di piccole difficoltà , fino a giungere alla richiesta di ulteriori analisi di ricerca di metaboliti oppiacei (io già eseguivo le analisi presso il mio SerT), sostenendo che nel caso fossero state positive mi avrebbe sospeso l'appoggio. Non solo! Le analisi dovevo effettuarle urinando alla presenza di un infermiere maschio! Da principio il mio atteggiamento era stato accomodante, ma al mio rifiuto di sottostare a tali pratiche inquisitorie, facendo notare che neanche l'apparato repressivo della nostra repubblica osava tanto (le perquisizioni sono effettuate da agenti dello stesso sesso), la conclusione è stata, chiaramente, la fine del mio "appoggio". La mia avventura è poi continuata attraverso altre strutture dove ho quasi sempre ritrovato un atteggiamento ricattatorio da parte dei vari servizi. Oggi, fortunatamente, riesco a convivere in un nuovo SerT e presso un nuovo ospedale. Questa mia piccola odissea mi ha dato da pensare. Il mio diritto ad un trattamento è come minimo poco chiaro, il prescrivere e il somministrare metadone da parte del personale medico e paramedico è vissuto, nella maggior parte dei casi, come un favore che viene elargito e come tale sottostà a dinamiche aleartorie e ricattatorie. L' esigenza pressante di metadone causa la progressiva perdita della propria dignità . Il tossicodipendente, già uso a subire i capricci e spesso le angherie del mercato nero, neanche se ne accorge, e quindi non si ribella, alle sopraffazioni. Infatti la cosa più grave e sconvolgente è stata che, di fronte al mio rifiuto di effettuare le analisi, il personale del SerT ha candidamente sottolineato che nessun altro utente si era negato alle loro richieste. Le dinamiche, purtroppo, non cambiano, la fuga dalla strada non corrisponde a un riappropriarsi della dignità e della vita. Spesso allo spacciatore che tutto può perché detiene la polverina magica si sostituisce il medico.

Ma se con il pusher il rapporto di potere è chiaro ed è determinato dalla sostanza in cambio di denaro, con il medico il dislivello è quasi incolmabile: lui paladino, dedito alla tua salvezza, e tu drogato, senza alcuna risorsa e privato anche della possibilità di un dialogo paritario.



H O M E