Si calcola che in tutto il mondo siano tra i 200 e i 300 milioni i sieropositivi trattati con AZT (sigla inglese per Azidotimidina, ma il nome commerciale è Retrovir), il capostipite dei farmaci per curare l’AIDS. In realtà questo farmaco non è capace di curare la malattia, ciononostante fa entrare nelle casse della Wellcome, colosso farmaceutico ora fusosi con la Glaxo, dai 1000 ai 3000 miliardi di lire ogni anno. In questi giorni a Los Angeles, l’avvocato Charles Judge, del famoso studio legale Kananack e Murgatroyd, sta raccogliendo ulteriori prove a sostegno dell’azione legale intentata contro la Glaxo-Wellcome in rappresentanza di alcuni sieropositivi che si ritengono danneggiati dal trattamento con l’AZT.
E in effetti è noto che il farmaco è molto tossico soprattutto a carico del fegato e del midollo. La lista degli effetti collaterali è lunghissima: si va dall’anemia alla debilitazione fisica, alla nausea al vomito e ad altro ancora. Ma, dicono, il farmaco è efficace, nel senso che riesce a ritardare l’evoluzione della malattia.
E in effetti ci sono alcuni studi pubblicati su importanti riviste mediche internazionali, come il "New England Journal of Medicine" e il "Journal of American Medical Association", che attestano un aumento della sopravvivenza tra i malati trattati con AZT. Altri scienziati, soprattutto studiosi di statistiche epidemiologiche, come il newyorkese John Lauritsen che ha pubblicato "La guerra all’AIDS", hanno contestato la validità di questi lavori e hanno puntato il dito sul fatto che tutti questi studi vedono la presenza diretta (con propri uomini) o indiretta (con propri soldi) della Wellcome.
Uno studio indipendente realizzato sull’efficacia dell’AZT è il cosiddetto "Concorde" pubblicato nell’aprile del 1994 sulla rivista scientifica britannica "The Lancet". E’ stato realizzato da un gruppo di scienziati francesi e inglesi, guidati dai professori M. Seligmann e D.A. Warrell, due autorità mondiali in materia. Questo studio ha concluso che l’AZT non da alcun vantaggio né in termini di sopravvivenza né in termini di progressione della malattia.
Un altro lavoro, pubblicato sul "New England" nel marzo del 1994, ha cercato di valutare la qualità della vita dei pazienti trattati con AZT paragonata con quella di chi non assumeva il farmaco. Il professor Paul Volberding, dell’Università di San Francisco, in questo studio conclude che i pazienti che assumevano il farmaco stavano peggio di quelli che non l’assumevano.
Ma anche in Italia ci si è occupati della sicurezza, dell’efficacia e della sicurezza del farmaco. Esiste una lettera datata 31 agosto 1994, intestata Ministero della Sanità e firmata dall’allora ministro Raffaele Costa che recita: - Ritengo che ci siano sufficienti elementi per una nuova, globale valutazione critica dell’effettivo possesso da parte dell’AZT dei requisiti di sicurezza ed efficacia terapeutica richiesti dalla normativa vigente -. Costa rispondeva ad un dossier critico sull’AZT inviatogli da Paolo Brunetti della casa editrice Andromeda, molto attiva in questo campo, e assicurava un interessamento della Commissione Unica per il Farmaco (CUF). In effetti la CUF venne investita del problema, ma prese tempo, ci fu la crisi di governo, il ministro cambiò.
Nei mesi scorsi abbiamo ripetutamente cercato di conoscere il seguito della storia per poterla raccontare, ma Elio Guzzanti, succeduto a Costa, si è chiuso in un assoluto riserbo.
Resta il fatto che alcuni dicono che il problema AZT non sussiste più, in quanto oggi le nuove frontiere della terapia dell’AIDS si chiamano terapia combinata e cioè l’uso simultaneo di AZT e altri due o tre farmaci con caratteristiche analoghe. Anche in questo caso si portano studi a sostegno della superiorità di questa terapia. Uno di questi studi pubblicato nel dicembre scorso sul "New England" mostra che c’è un miglioramento dei parametri immunitari, ma non dimostra che c’è un miglioramento dell’evoluzione della malattia. E cioè dicono che le analisi vanno meglio, ma non ci dicono se il malato sta meglio!
Altre terapie sono in studio in tutto il mondo. Ma la ricerca più affascinante è quella che riguarda i cosiddetti
"Long Survivors" e cioè quelle persone che, seppur infettate dal virus dieci, quindici anni fa, sono ancora in buona salute.
Chi sono? Sono persone che non hanno mai preso AZT o se lo hanno fatto è stato per poche settimane. Il loro sistema immunitario è in ottimo stato e riesce a tenere a bada il virus.
Dallo studio delle caratteristiche del sistema immunitario di queste persone forse uscirà la soluzione al rebus dell’AIDS.
Francesco Bottaccioli da "Avvenimenti".
H O M E
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