IL METADONE DI DON GELMINI

   
   

Storia di un dibattito che non c'è di Roberto Nardini

Alcuni anni fa apparve sul TG3 regionale della Sardegna un’intervista con il Prof. Alessandro Tagliamonte, all’epoca direttore dell’Istituto di Farmacologia e Patologia Biochimica dell’Università di Cagliari, il quale parlava dei programmi metadonici che si trovava a condurre, in condizioni tutt’altro che ottimali, nella città di Cagliari, programmi nei quali erano inseriti circa 1200 pazienti provenienti da tutta l’isola. Nonostante le difficoltà e la scarsità di risorse, i risultati erano più che soddisfacenti, grazie anche alle proprietà intrinseche del farmaco metadone, che alla sicurezza ed efficacia ben provate in esperienze cliniche internazionali di grande rilievo, unisce l’assenza di tossicità ed effetti collaterali irrilevanti. Il giorno dopo Angela Buttiglione ripropose un brevissimo stralcio di quell’intervista durante il TG1 delle 13. Poi si rivolse a Don Pierino Gelmini che le apparve accanto come per miracolo, perché ne commentasse il contenuto. L’animatissimo prete coraggio attaccò violentemente il farmacologo e quanto aveva sostenuto. Il metadone, disse, serve solo ai tossicodipendenti per rubare meglio, e tutti quelli che lo usano non sanno il male che fanno. Poi, dopo avere aggiunto i soliti luoghi comuni e frasi ad effetto, se ne andò soddisfatto per avere avuto il giudizio definitivo sul metadone, nell’ora di maggior ascolto e in una trasmissione a carattere nazionale. Fu così che un farmaco venne spiegato agli italiani, non attraverso le risultanze e le dichiarazioni di un farmacologo, in quel momento anche direttore dell’esperienza di assistenza ai tossicodipendenti più consistente di tutto il paese, ma attraverso le opinioni di un prete sulla cui intraprendenza non ci sono dubbi e che, evidentemente, vive i programmi metadonici come un qualcosa di diabolico.

Inutili le proteste inoltrate perfino al direttore generale della RAI, allora il socialista Manca.
A distanza di anni don Pierino non ha perduto le sue attitudini. Egli continua a contestare farmacologi, ricercatori clinici ed operatori di tutto il mondo. Domenica 11 Agosto 1996, durante il solito colloquio al caffè della Versiliana, migrato per la pioggia intensa nel salone congressi dell’Holiday Inn, condotto da Romano Battaglia e Gigi Marzullo, viene riproposta la questione. L’interlocutore dal pubblico riporta che due giorni prima, nello stesso caffè, erano stati ospiti il direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’università di Pisa, il direttore dell’Istituto di Farmacologia ed un docente di neurologia della stessa università i quali avevano sostenuto essere la tossicodipendenza da eroina, una volta prodottasi, una grave malattia del cervello, ed i programmi metadonici il rimedio testato a livello scientifico risultato il migliore nel contenerne i sintomi e gli effetti. Don Pierino a quelle dichiarazioni si altera. Quei ricercatori non sanno nulla della tossicodipendenza e del metadone. Lui si. Lui sa tutto. Sa anche che c'è una legge per cui la terapia metadonica deve essere sottratta e circoscritta ad un breve periodo. Quella legge non esiste, naturalmente. Si alza un medico, titolare di un’esperienza nella quale si praticano diverse modalità terapeutiche, fra le quali principalmente il mantenimento metadonico, proprio perché risulta la terapia più tollerata ed efficace su di una numero maggiore di pazienti. Ricorda a don Gelmini che la tossicodipendenza da eroina è classificata all’OMS come una malattia grave, cronica e recidivante. Don Pierino sbotta. Diventa rosso. Gli si gonfiano le vene del collo. Sembra sull’orlo di una crisi si nervi. Apostrofa il medico, che fra le altre cose segue un dottorato di ricerca in tossicodipendenza, ed urla contro le sue evidenze, contro i suoi studi. Il medico tenta di spiegarsi fra le interruzioni intransigenti del prete. Qualcuno urla al dottore: "chi te l’ha data la laurea!". Lo spazio per un dibattito sereno, minimamente informativo non esiste più. La gente rumoreggia. Don Pierino scomunica tutti, gli scienziati, i ricercatori, i clinici, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ed in ultimo, il povero operatore che ha tentato di esprimere il suo punto di vista di medico che lavora onestamente in un’esperienza dalla quale proprio la città di Pietrasanta ha tratto enormi vantaggi, e che chiede un minimo di rispetto per chi onestamente applica il principio medico deontologico di operare in "scienza e coscienza". Ma e’ chiaro ormai che fra don Pierino e la scienza c’è un abisso. Non si salva nessuno, nemmeno Rita Levi Montalcini, rea di avere esternato la possibilità di una predisposizione genetica di alcuni individui all’assuefazione da eroina. L’illustre premio Nobel, sostiene don Pierino, che in fatto di tossicodipendenza possiede tutte le verità, può anche dire delle sciocchezze. Si chiude così un dibattito che non c’è stato. Ma il caffè di Battaglia non è un convegno scientifico e non pretende di esserlo. Qualche volta, però, riesce ad essere spettacolo.


H O M E