PROSPETTIVE SULLA LEGALIZZAZIONE DELLE SOSTANZE

   
   

Di Ethan Nadelman (The Lindesmith Center, New York) Domenica 19 Settembre 1999 fonte: Los Angeles Times (CA)

Non facciamoci confondere.Ci deve essere un nuovo approccio basato non sull’ignoranza o sulla paura, ma sul senso comune. Così tu vuoi legalizzare le droghe, vero? E’ la prima domanda che generalmente mi fanno quando comincio a parlare della riforma della politica sulle droghe. La mia secca e breve risposta è: forse la marijuana, ma non intendo rendere l’eroina, la cocaina o le metanfetamine disponibili come le sigarette e l’alcol. Che cosa raccomando allora? Ecco la lunga e articolata risposta.Raccomando di abbandonare la retorica della tolleranza zero è l’illusorio obbiettivo di una società senza le droghe. Prendere atto che l’uso delle droghe è qui e ci resterà, e che noi non abbiamo altra scelta se non quella di imparare a conviverci in modo che queste producano meno danni possibili, e ci offrano, invece, i possibili maggiori vantaggi.Più specificatamente io raccomando:
che i medici responsabili siano autorizzati e incoraggiati a prescrivere qualsiasi sostanza si riveli migliore, a prescindere dallo status allarmistico e demonizzante di alcune per gli ignoranti e per la legge,
che la gente non venga incarcerata per il possesso di piccole quantità di qualsiasi sostanza per uso personale. Ma, al tempo stesso, che coloro che pongono a rischio i loro simili perché guidano stonati, siano trattati con rigore e adeguatamente puniti;
che gli addetti rifiutino i test che rivelano ben poco se i soggetti sono impediti sul posto di lavoro, sebbene molto di quanto hanno consumato durante il week end;
Che coloro che vendono droghe ad altri adulti non vengono trattati dalle nostri leggi penali come criminali violenti e predatori;
che la marijuana sia decriminalizzata, tassata e regolata, e al tempo stesso si incrementino gli sforzi per fornire un’informazione onesta ed efficace sulle droghe, al posto dei programmi rassicuranti del tipo “OSARE”;
che la priorità venga data alle politiche di salute pubblica che abbiano dimostrato di ridurre le morti, le malattie, i crimini e le sofferenze associate all’uso di droghe iniettate e alla tossicodipendenza da eroina. In altre parole, espandere i programmi metadonici,intraprendere sperimentazioni di mantenimento con eroina, pronto accesso alle siringhe sterili ed altre politiche di riduzione del danno che hanno dimostrato efficacia all’estero e che ne avrebbero anche qui.
Queste convinzioni, queste dichiarazioni di principi e di obiettivi rappresentano una domanda forte per una politica fondamentalmente diversa. Non si tratta di una legalizzazione, ma neanche di una semplice richiesta di spendere di più in programmi e prevenzione e meno in repressione e punizioni.Alcuni la definiscono “riduzione del danno”, che ha lo scopo di ridurre le conseguenze negative sia dell’uso di droghe che del proibizionismo, riconoscendo che entrambi probabilmente resteranno in vigore per il prossimo futuroLa maggior parte del “legalizzatori”, in realtà non lo sono affatto. Un legalizzatore, nel modo in cui la maggioranza degli americani percepisce il termine, è qualcuno che crede che l’eroina, la cocaina e tutte le altre droghe debbano essere disponibili ovunque come le sigarette e l’alcol.Non mi sto affatto battendo per questo, ne questo è lo scopo finale del finanziere filantropo George Soros, che ha avuto un ruolo preminente negli sforzi per una riforma della politica sulle drogh

e. Né è quello della stragrande maggioranza della gente che dedica tempo, denaro ed energie per mettere fine alla “guerra sulla droga”.Ciò non vuol dire che non ci siano dei “legalizzatori” puri. Milton Friedman, il premio Nobel per l’economia, e Thomas Szasz, il famoso psichiatra libertario, hanno sostenuto che la liberalizzazione totale è l’unico sistema razionale per trattare la questione droga nella nostra società. La maggior parte dei libertari e molti altri sono d’accordo con loro. Szasz ed altri hanno addirittura avversato le iniziative per l’uso medico della marijuana, sostenendo che servono solo a ritardare il rigetto del proibizionismo.Friedman, Szasz ed io siamo d’accordo su molti punti, fra i quali, che il proibizionismo sulle droghe adottato negli USA, come quello sull’alcol alcuni decenni fa, ha generato un danno enorme. Il proibizionismo, e non le sostanze in sé, è responsabile della creazione di un vasto mercato clandestino, della criminalizzazione di milioni di cittadini che altrimenti sarebbero stati in linea con le leggi, della corruzione alla grande di governi e società, del potenziamento della criminalità organizzata, della diffusione dei crimini e delle malattie, della restrizione delle libertà individuali, dell’indifferenza verso la scienza e le ricerche oneste, e della legittimazione di pubbliche politiche che sono estremamente insidiose per le loro sproporzionate conseguenze razzia

li.Comunque, non mi sento pronto a sostenere la libera vendita dell’eroina e della cocaina, e non certo perché non sia un argomento politico stimolante per il 1999. Non sono convinto che una tale legalizzazione sia l’alternativa ottimale.Il fatto è che non esiste un movimento per la legalizzazione in America. C’è invece un nascente movimento politico e sociale che chiede una riforma, che consiste nel crescente numero di cittadini che sono stati vittime, in un modo o nell’altro, della guerra sulle droghe, e che ora sono convinti che le nostre attuali politiche facciano più male che bene.La maggior parte dei membri di questo movimento appena si percepiscono come tali, in parte perché il loro orizzonte si dilata soltanto ad una o due aspetti nei quali il danno della guerra sulle droghe si è a loro manifestato. Può essere il giudice al quale si richiede rigorosità e che è costretto a mandare in prigione un tossicodipendente, un piccolo spacciatore, o la ragazza che ha fornito una dose al fidanzato, o un corriere del terzo mondo, per un tempo più lungo di un violentatore o di un assassino. O può essere un secondino che ricorda i tempi quando in galera c’erano i veri criminali e non gli insignificanti, non violenti trasgressori che riempiono le prigioni di questi tempi. O può essere il tossicodipendente in cura, impiegato e ligio alla legge, un cittadino di valore sotto ogni aspetto, che deve viaggiare per 50 o 100 miglia ogni giorno per prendere il metadone, la sua medicina, perché le leggi correnti non consentono che le prescrizioni del metadone siano riempite presso la farmacia locale.O l’infermiera dell’unità oncologica o di AIDS che deve voltarsi da un’altra parte mentre un paziente, affranto da dolori e nausea, fuma la sua medicina proibita. Ma entrambi sanno, per esperienza, che la marijuana fumata funziona meglio thi qualsiasi altra cosa per molti ammalati. O l’insegnante o il counselor ammoniti dalle autorità scolastiche di non parlare francamente sulle droghe con i loro studenti,pena la iolazione delle elggi federali che proibiscono qualsiasi cosa che non siano le sciocchezze del “just say no”.O il medico che ha paura di prescrivere dosi di oppiacei analgesigi appropriate ad un paziente dolorante perché teme le poco amichevoli ispezioni che comportano ogni variazione alla norma, da parte di agenti governativi o dalleorganizzazioni mediche statali.

O l’impiegata dal curriculum impeccabile che incappa in un esame tossicologico il lunedì perché ha condiviso uno spinello con il marito durante il week-end, ed è licenziata.O il duro contadino del North Dakota che non capisce perché i contadini nel Canadà e in dozzine di altri paesi possono coltivare canapa, e lui non può. O il politico conservatore che detesta il potere straordinario della polizia e degli investigatori di sequestrare cose private a cittadini che non sono stati arrestati e che non hannoviolato alcuna legge, e che si preoccupa della corruzione derivante dalle leggi penali che permettono alle agenzie di mantenere ciò che sequestrano.Or the African American citizen repeatedly stopped by police for "driving while black" or even "walking while black," never mind "running while black." O il cittadino afroamericano che continua ad essere fermato dalla polizia perché “guida mentre è nero” od semplicemente “cammina mentre è nero” o scusate, ocorre mentre è nero.Alcuni sono essi stessi vittime della guerra sulle droghe, altri sono riformisti della politica sulle droghe, ma ancora non lo sanno

Quelli che sanno di essere riformisti hanno messo insieme i punti, hanno visto e capito l’intreccio dei sistemi con i quali i nostri proibizionisti ci arrecano più danni che benefici.Possiamo non essere d’accordo su quale aspetto del proibizionismo sia il più pericoloso, la generazione dei crimini, la corruzione, il mercato nero, la diffusione delle malattie, la perdita delle libertà, l’affollamento delle prigioni, o le bugie e le ipocrisie, e certamente non siamo d’accordo sulle soluzioni ottimali, ma tutti guardiamo alla nostra attuale politica repressiva come ad una fondamentale iniquità, entro e al di la dei nostri confini.La maggior parte dei riformatori che conosco non vogliono il crack o l’anfetamina venduta al tabacchino, per ricordare la più intrigante accusa lanciata dallo Zar federale Barry McCaffrey.Noi stiamo parlando di un nuovo approccio che non sia fondato sulla paura, sull’ignoranza, sul pregiudizio e i consistenti interessi pecuniari ed istituzionali che sottostanno alle politiche correnti, ma piuttosto su un altro basato sul senso comune, sulla scienza, sulla pubblica salute e sui diritti umani. Questa è la vera riforma delle politiche sulla droga.


H O M E