«Sulla droga, Stato irresponsabile»
«I servizi pubblici spesso strumentalizzano il fenomeno a fini elettorali»
di Alberto Rodighiero
Alla vigilia della Conferenza nazionale delle tossicodipendenze, dove, tra gli altri temi, è prevista la discussione sulla somministrazione controllata dell’eroina, ipotesi che non dispiace affatto al ministro Livia Turco e in generale alla maggioranza di centrosinistra (fa eccezione il Ppi, da sempre antiproibizionista), Andrea Muccioli parla a ruota libera di terapia metadonica, antiproibizionismo, prevenzione, lotta alla tossicodipendenza e naturalmente della sua Sampa. Lo fa a Padova intervenendo a un incontro sulla lotta alla droga, dove è stato accolto dall’ applauso commosso di decine di famiglie di tossicodipendenti e dagli slogan (il più gentile: Muccioli assassino) e dai mortaretti dei centri sociali che con gragnole di pugni sui vetri del centro congressi hanno cercato, senza riuscirci, di boicottare la conferenza.
Cosa ne pensa della cosiddetta terapia sostitutiva, che altro non è che la distribuzione da parte dello Stato del metadone?
Il problema è che nella maggior parte dei casi in Italia viene attuata non a scalare, ma a mantenimento. Io credo che questo sia un modo profondamente sbagliato di affrontare il problema perché non porta una persona ad avvicinarsi a un percorso di recupero, ma semplicemente ne cronicizza il disagio e lo allontana da una scelta consapevole di recupero. Io penso che chi, come me, opera in questo settore debba avere un unico obiettivo che è quello del recupero integrale della persona e del suo reintegro nella società, senza che questa debba usare la stampella di una droga pubblica per sostenersi. Credo che la politica portata avanti dalla stragrande maggioranza dei servizi pubblici più che al recupero della persona punti al controllo sociale delle fasce più deboli e che si risolva, comunque, nella stragrande maggioranza dei casi in una strumentalizzazione elettoralistica, economico-finanziaria o professionale del problema.
In base alla sua esperienza, una seria politica di prevenzione e di lotta alla droga come dovrebbe essere condotta?
La droga più pericolosa è quella della truffa informativa. Quella che viene perpetrata in maniera martellante nei confronti di milioni di famiglie e di ragazzi giovani, quella che da un po’ di anni a questa parte ti dice: «C’è un droga leggera e una pesante, una con la quale puoi convivere e una con la quale devi stare attento».
Questa non è solo disinformazione, ma è anche un atteggiamento profondamente irresponsabile, dettato il più delle volte dalla malafede per raggiungere un obiettivo politico-ideologico che si chiama antiproibizionismo. Noi invece, che ci battiamo contro la droga libera, individuiamo la risposta concreta
da dare al problema, nell’impegno personale e nell’attuazione di risposte e di programmi formativo-educativi. Questo non solo lo facciamo in maniera efficace, ma lo diciamo pure e più forte che possiamo. Per molti questo è uno scandalo.
Come considera la linea di condotta dell’attuale Governo nell’affrontare il problema droga?
Una politica basata sulla disinformazione. Lo Stato non dice: «La droga fa male e io ti impedisco di usarla», preferisce abbassare continuamente l’asticella del proprio impegno dicendo: «Io Stato ogni anno prendo in carico decine di tossicodipendenti». Il punto non è questo, il punto è come lo fai, perché se ti limiti ad appioppargli il metadone a mantenimento per anni, tu Stato non li aiuti a vivere, ma a morire ogni giorno sempre di più.
Vittime della droga sono anche le famiglie dei tossicodipendenti. Come si può attuare una politica di prevenzione e assistenza che tenga conto sia dei tossicodipendenti che delle loro famiglie?
Semplicemente le istituzioni dovrebbero dire: «La droga fa male, tutta la droga fa male, tutta la droga mina la tua salute, la tua dignità, la tua identità, quindi la droga è tutta vietata. Io Stato ti impedisco di usare la droga e se la usi vai incontro a situazioni negative, sei pericoloso per te e per gli altri, rischi di commettere dei reati e di finire anche in galera». Contestualmente dire anche: «Io che sono lo Stato e che ho il dovere di
educarti, ti offro una struttura che tu puoi scegliere a seconda della tua identità, della tua personalità, dove puoi risolvere i tuoi problemi che alla fine sono di disagio e di vuoto interiore». Se questo venisse fatto si aiuterebbero efficacemente i ragazzi e di riflesso le loro famiglie.
A cicli periodici la vostra comunità viene accusata di ricevere denaro dai ragazzi in cura e di essere un feudo protetto dove il rispetto delle leggi è discrezionale. Come rispondete a queste accuse?
Chiunque non sia viziato da ideologia o da ignoranza sa benissimo che 1600 ragazzi che vengono dalla violenza o dalla galera non li puoi tenere assieme con la sopraffazione, altrimenti saresti tu ad avere la peggio. Per quanto riguarda lo sfruttamento dei ragazzi si sappia: San Patrignano non ha mai preso una lira da un ragazzo e chiunque abbia la possibilità di dimostrare il contrario lo dica pubblicamente, io lo denuncio, andiamo in tribunale e poi vediamo chi ha ragione. In più c’è da dire che non solo mettiamo gratis tutto a disposizione dei ragazzi, compresa l’assistenza legale, sanitaria e scolastica, ma che se volessimo sfruttarli ci riusciremmo molto male, dato che con le nostre attività interne riusciamo a corrispondere solamente a poco più della metà del fabbisogno finanziario della comunità. Il resto viene da donazioni di privati che non possono essere né le famiglie né i ragazzi.
Pensando a San Patrignano, inevitabilmente capita di pensare a suo padre. E cambiato qualche cosa nella gestione della comunità? Come vive un eredità così impegnativa?
La linea è rimasta la stessa: continuiamo a seguire le evoluzioni che avvengono nella società esterna perché vogliamo assomigliare il più possibile a quella realtà dove prima o poi i ragazzi faranno ritorno. Rispetto all’eredità, ho avuto la fortuna di poterla condividere con altre 120 persone che mi affiancano in questa avventura. Se c’è un eredità è comunque spirituale e ritengo non mi derivi minimamente dal cognome che porto, perché ormai il mio nome è San Patrignano, non Muccioli.
La Barzelletta di Vauro
L’ENNESIMO ATTACCO DI SAN PATRIGNANO AI TRATTAMENTI METADONICI DEVE FARE I CONTI CON I RISULTATI DEL REFERENDUM DEL 1993… E CON LA CIRCOLARE EMANATA DAL MINISTRO POLISTA NEL 1994!
Dichiarazione di Giulio Manfredi (membro della Direzione del CORA)
Roma, 25 ottobre 2001 - Ogni anno, in occasione del solito meeting di San Patrignano, viene sfornata la solita ricerca che contiene il solito attacco ai trattamenti metadonici effettuati nei servizi tossicodipendenze; quest’anno l’occasione è ghiotta: c’è un nuovo governo presieduto da quel Silvio Berlusconi che aveva dichiarato che lui, il metadone, lo vuole proibire del tutto!
Vogliamo semplicemente ricordare a chi propone al governo di disciplinare diversamente la materia, imponendo trattamenti metadonici limitati nel tempo, che sono ancora del tutto vigenti in Italia i risultati del referendum popolare del 18 aprile 1993 (ratificati con D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171); il referendum abrogò, tra l’altro, la possibilità per il ministro della Sanità “di stabilire con proprio decreto i limiti e le modalità di impiego dei farmaci sostitutivi” (art. 2, primo comma, lett. e), punto 4 del D.P.R. 309/90). Quindi, eventuali modifiche proibizioniste dovranno essere fatte tramite legge ordinaria, modificando l’attuale testo unico sulle tossicodipendenze; i 46.912 cittadini che nel 2000 hanno usufruito dei trattamenti metadonici a lungo termine nei SERT sperano che non se ne faccia nulla, per non dover ritornare a sbattersi in strada per procurarsi la dose, per non dover tornare a compiere violenze sugli altri e su se stessi, per non dover più arricchire spacciatori e mafie.
Vogliamo, infine, ricordare all’attuale ministro della Salute che fu il suo predecessore nel primo governo di centro-destra, l’on. Raffaele Costa, ad emanare, esattamente sette anni fa, le “linee-guida per il trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi”, ancora integralmente vigenti. In tale documento si recepirono sia i risultati del referendum sia i risultati delle ricerche scientifiche sul metadone, svolte da vent’anni a livello internazionale; in particolare, “… la valutazione circa l’utilità, nei singoli casi, del trattamento (metadonico) è effettuata dal medico “secondo scienza e coscienza” … La dose di metadone, dunque, deve essere stabilita da un medico esperto, dopo attento esame clinico del paziente; la determinazione della dose non è, infatti, materia di standardizzazione e, ancor meno, di definizione mediante provvedimenti normativi generali …”.
Gli antiproibizionisti radicali non sono mai stati gli “amici del metadone” e/o i “nemici delle comunità”; hanno sempre chiesto che fosse fornito al cittadino tossicodipendente il maggior numero possibile di scelte terapeutiche, compresa la somministrazione sotto controllo medico del “farmaco eroina”. In Svizzera oltre mille persone usufruiscono di tale possibilità; perché San Patrignano non invita ai suoi meeting, oltre ad Arlacchi, anche i serissimi medici svizzeri?
Per ulteriori informazioni: Giulio Manfredi, 348.533.53.05 – manfredi61@hotmail.com
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