Robert G. Newman, M.D.
I costanti ostacoli alla sua disponibilità.
Il Mantenimento Metadonico con la prospettiva dell'astinenza,
ovvero, voler piazzare elementi rotondi in buchi quadrati.
Introduzione
Ai primi di giugno di quest'anno, un articolo del New York Times ha citato il mio
distinto collega ed emerito relatore qui in Firenze, il professore Herbert Kleber, che si riferiva ad una vignetta di Humpty Dumpty (apparsa per la prima volta nel New Yorker il 24 luglio 1978). Come tutti i bambini degli Stati Uniti sanno, Humpty Dumpty era un grande uovo che "seduto su un muro cadde malamente". La filastrocca infantile, che rima, termina con l'osservazione assai triste: "Tutti i cavalli e gli uomini del Re non riuscivano a rimettere di nuovo insieme i pezzi di Humpty" Nella vignetta, il Re dice i suoi ministri: "Questo semplicemente mi dimostra che ho bisogno di più cavalli e di più uomini!" Il quadretto descrive perfettamente la conclusione che in America si sta traendo dai nostri fallimenti passati nella cosiddetta "guerra alla droga".
Si stima che nella città di New York ci siano 250.000 tossicodipendenti da eroina endovena. La capacità finanziata dei programmi metadonici disponibili per servire questa popolazione è di 33.000. I programmi sono pieni. Quelli residenziali drug-free hanno una capacità di 6,000 posti e anche loro sono pieni. In queste poche e semplici cifre si riassumono i motivi dei nostri fallimenti nell'affrontare il problema della tossicodipendenza nella nostra città.I Newyorkesi sono orgogliosi dell'unicità della loro città, e per molti versi (buoni e cattivi) New York è veramente una città senza pari. Ma quando si considera la sua incapacità di affrontare il problema della droga, allora anche New York è in buona compagnia. Un enorme divario fra il bisogno di cure delle dipendenze e l'effettiva disponibilità di esse costituisce la regola piuttosto che l'eccezione nei maggiore centri urbani di tutto il mondo. Da un punto di vista umano questa situazione è vergognosa; sotto il profilo sociale, è suicida. Negare le cure ad un numero consistente di individui impegnati in comportamenti che sono potenzialmente letali e che sono associati ad incredibili costi per l'intera comunità, è semplicemente pazzesco! Una critica così aspra si impone anche perché sappiamo che il trattamento della tossicodipendenza è efficace, e che può essere sviluppato velocemente e su vasta scala. Queste caratteristiche, e cioè la dimostrata efficacia e la possibilità di rapida espansione, sono tipiche e proprie del Mantenimento Metadonico. Tutte le esperienze terapeutiche che si sforzano di porgere aiuto e speranza ai tossicodipendenti godono legittimamente del supporto pubblico, ma il trattamento metadonico fa storia a sé.
L'MMTP ha una capacità unica di attirare e trattenere i tossicodipendenti da eroina in trattamento su base volontaria.
L'MMTP è associato ad una pronta e drastica riduzione dell'uso di eroina.
L'uso di non oppiacei generalmente decresce con il perdurare dell'MMTP, perfino in aree dove la politossicodipendenza è endemica fra gli eroinomani prima dell'ammissione.
L'iscrizione ai programmi metadonici comporta un miglioramento consistente nella condizione generale di salute - anche fra i pazienti infetti da HIV.
Fra i pazienti dei programmi metadonici è frequente uno stile di vita socialmente accettabile, produttivo, caratterizzato da stabilità domestica, progetti educativi ed occupazionali.
Si associa al trattamento metadonico anche una drastica riduzione dell'attività criminale.
I rapporti sull'efficacia dei programmi metadonici non sono un iperbole; sono supportati dalle esperienze pubblicate da oltre 25 anni in tutto il mondo. Ed è anche ben documentata la possibilità di sviluppo di questi programmi su vasta scala . Tra il 1969 e il 1972 la città di New York ha aumentato il numero dei pazienti in MMTP da 1.800 ad oltre 30,000. All'Inizio del 1975, Hong Kong ha impiantato una rete di centri del metadone che nel giro di due anni ha accolto oltre 10.000 pazienti al giorno. Dieci anni più tardi nello Stato australiano del New South Wales, il numero di pazienti in MMTP è quadruplicato da 800 a quasi 3.200in due anni
L'MMTP: i persistenti limiti di disponibilità.
L'MMTP esiste. I suoi benefici sono sostanziali sia per il paziente che per la collettività nel suo complesso, e sono stati documentati per decenni.
Allora, quale è il problema?
Sappiamo oltretutto che, generalmente, quando una decisione è presa non ci sono ostacoli di natura finanziaria, difficoltà a trovare un posto o di reclutare ed istruire il personale, né ostacoli che possano impedire la rapida espansone di un servizio. Allora perché mai i tossicodipendenti da eroina che cercano aiuto disperatamente, devono superare così tanti ostacoli nel loro sforzo di essere ammessi a causa dell'enorme disparità fra domanda e disponibilità di queste cure?
Ovviamente la risposta a questo enigma deve tenere conto della costante controversia che accompagna i programmi metadonici.
Ma qual è esattamente il problema in discussione? In modo grossolano si potrebbe ipotizzare che questo dibattito possa essere ridotto all'essenziale: Metadone Si o No. Se si trattasse solo di questo, allora la battaglia sarebbe già finita e le voci "pro" avrebbero sicuramente vinto. Ormai il Mantenimento Metadonico è una realtà in Europa, Australia, Asia e Sud America e questo in aggiunta ai 50 stati americani. Negli anni recenti, presumibilmente, a causa dell'instaurarsi del flagello collaterale dell'AIDS, anche quei paesi che originariamente avevano rifiutato in modo adamantino di consentire il cosiddetto "trattamento di sostituzione" hanno ammorbidito la loro posizione.
La Germania è uno di questi casi: In un arco di meno di cinque anni il trattamento metadonico è partito in otto Stati.
Ovviamente, perciò, la sfida dei sostenitori del metadone non è l'introduzione di questo modulo di trattamento. Non ci sono possibilità di un ritorno indietro sulle acquisizioni già fatte, nel senso che non esistono almeno in New York spinte verso la chiusura dei programmi esistenti. Per fare un esempio, nessuno, nemmeno fra i critici più accaniti, si sognerebbe di ipotizzare o di suggerire che gli oltre 33.000 ex tossicodipendenti attualmente stabilizzati nei programmi metadonici debbano tornare nelle strade a recuperare la loro mortale abitudine di farsi di droga.
E ancora una volta qual è il problema? Come mai i programmi metadonici sono da un lato permessi ed organizzati, e dall'altro ci sono tali costrizioni per le quali soltanto una piccola parte della popolazione bisognosa può realmente accedervi? Appena l'anno scorso ebbi ad ipotizzare che il problema risiede su un equivoco rispetto alla farmacologia di base per il quale la gente crede erroneamente che il metadone funzioni come una droga sui tossicodipendenti. (1) Sia pure con un certo imbarazzo devo oggi ammettere che quello è solo un problema secondario per l'accettazione del trattamento di Mantenimento Metadonico e la sua organizzazione nella misura richiesta. Per conto mio la questione più importante risiede nel fatto che lo stesso concetto di mantenimento metadonico è rifiutato proprio da parte dei suoi sostenitori e dei suoi operatori, e nelle politiche irrazionali e controproducenti che sono la conseguenza di questo rifiuto.
Specificamente: La maggior parte programmi applicano criteri severi per l'ammissione al trattamento metadonico come due o più "fallimenti" di programmi drug-free, un'età arbitraria minima e durata di tossicodipendenza, e il passaggio attraverso una serie di screening psicosociali.
In qualche programma l'assuefazione ai narcotici di per sé è necessaria per l'ammissione mantenimento metadonico, ma il trattamento è consentito solo se c'è un concomitante patologia mortale, come l'AIDS, o se la richiedente è incinta, ed in questo caso si fa promettere che il metadone deve essere discontinuato non appena il bimbo è nato. In molte giurisdizioni, l'ammissione richiede l'approvazione che si ottiene attraverso un ingombrante e dispendioso processo burocratico da parte di autorità che non vedono mai il candidato, se mai ne hanno mai visto uno.
(Le conseguenze controproducenti delle politiche di ammissione che sono innescate per tenere i richiedenti fuori dal trattamento anziché incoraggiare e facilitare il loro ingresso sono state recentemente documentate in uno studio condotto in Australia. (2)
La maggior parte programmi (e quelli che ne fanno le regole) hanno aderito strettamente in modo cogente al principio che un intera serie di trattamenti debbano essere forniti insieme al metadone. Qualsiasi cosa appena inferiore viene rifiutata anche quando l'alternativa è l'abbandono del tossicodipendente candidato. Questa posizione risiede sul convincimento che sia meglio fare niente piuttosto che fornire meno che una "ottimale" costellazione di servizi. Non c'è da sorprendersi, poi, se i dati che suffraghino una premessa talmente ridicola non sono mai stati forniti.
La maggior parte dei programmi rifiutano di somministrare il metadone in dosi adeguate. Questo rifiuto esiste in barba ai principi basilari della farmacologia e allo stessi chiari e sovrabbondanti dati sperimentali che hanno portato l'ex direttore del NIDA a dichiarare 60mg. "la dose minima efficace" ed ad avvertire che in questa era di AIDS la politica delle dosi basse non è soltanto impropria, ma può essere fatale al tossicodipendente per EV in trattamento, così ,come per il suo partner sessuale e per i bambini. (3). Un messaggio davvero forte ed autorevole da una fonte insospettabile. Ma da una recente indagine su 172 servizi americani risulta che solo il 3% ha riportato una dose maggiore di 60mg. (4)
La maggior parte dei programmi definiscono (e perseguono) il successo in modo da precludere il mantenimento a tempo indefinito. Non solo si richiede l'astinenza dalle sostanze illegali, ma anche da quelle clinicamente prescritte, anche se (anzi, particolarmente) quando il farmaco si associa con efficacia secondo una serie di parametri medici e sociali.
Un recente esame dei programmi negli Stati Uniti ha rivelato ancora una volta quanto diffusi siano questi orientamenti: una buona metà "ha incoraggiato" i pazienti a disintossicarsi entro sei mesi dall'iscrizione. E non esiste un solo articolo nella letteratura e in tutto il mondo sul trattamento metadonico che suffraghi tali pratiche.
Ritornando al problema fondamentale della mancanza di programmi per coloro che li vogliono e che ne hanno bisogno, cioè a decine di migliaia di tossicodipendenti in New York City e a centinaia di migliaia negli altri maggiori centri urbani nel mondo manca l'accesso a un trattamento ben conosciuto come veramente efficace nel superare i devastanti effetti personali e sociali dell'autosomministrazione di eroina. Ho suggerito che questa paradossale situazione riflette il rifiuto del concetto che sta alla base del mantenimento metadonico, anche da parte di coloro che lo sostengono e che lo fanno. Ma qual è questo "concetto" tanto difficile da ingoiare per la gente? Che cos'è che Dole e Nyswander proposero in origine e che oggi, dopo 27 anni, è sempre un anatema per i sostenitori del mantenimento metadonico, così come per i suoi aperti oppositori?
Il contributo originario di Dole e Nyswander non fu la dimostrazione che il metadone, in dosi costanti quotidiane, può consentire a molti criminali, tossicodipendenti da eroina da lunga data e recidivi di condurre una vita sana e produttiva. Fu' piuttosto la prospettiva rivoluzionaria che c'era una componente fisiologica nella tossicodipendenza, che certamente è un elemento del suo protrarsi nel tempo. Dole e Nyswander postularono che la ripetuta esposizione agli oppiacei esogeni avrebbe potuto alterare l'omeostasi all'interno dell'organismo, e che il metadone avrebbe potuto correggere questa anormalità fisiologica, ed al contempo "bloccare" gli effetti acuti di narcotici a breve emivita come l'eroina. La loro ipotesi fu notevolmente anticipatoria, ma non per molti anni, fino alla scoperta delle endorfine, che avrebbe poi fornito agli scettici una base scientifica plausibile per questa teoria.
Sebbene ancora non ci sia nessuna prova, per la verità, che la tossicodipendenza sia un "malattia metabolica", il concetto, allora come oggi, è stato ampiamente fondato sulla logica e sull'esperienza. Allora, se poniamo l'edonismo testardo, provocatorio, e anti-sociale alla base dello sviluppo e del protrarsi della tossicodipendenza, resta impossibile spiegare perché tanti tossicodipendenti cercano volontariamente di iscriversi e di restare nei programmi metadonici; Il più che netto impatto favorevole che questo trattamento può avere sulle loro vite sarebbe ancora più confuso. Il corollario è egualmente convincente: Se la tossicodipendenza fosse fondata su una mancanza di carattere, di forza di volontà, entrare in un programma "drug-free" sarebbe indice che già questi problemi sono stati risolti ancora prima che il trattamento cominci, e i risultati di tali programmi sarebbero eccellenti.
In realtà, soltanto un numero esiguo di soggetti che iniziano cure "drug-free" le portano a termine, e di questi, ancora un numero più ristretto sono in grado di restare astinenti.
E questa è la realtà anche per i pazienti ammessi volontariamente, al di là delle motivazioni che li hanno spinti, e malgrado l'abilità e dedizione degli operatori (spesso, anche dei loro cari) che dedicano la loro vita ad offrire aiuto e sostegno.
Dole e Nyswander furono notevolmente ostacolati fin dagli inizi della loro proposta di trattamento metadonico quando le autorità federali in America avevano minacciato una proibizione assoluta della prescrizione di metadone. Basandosi sulla loro ipotesi che la tossicodipendenza è una malattia che molti individui non riescono a superare con la forza di volontà e l'appoggio psicosociale, essi hanno pensato che alcuni eroinomani avrebbero avuto bisogno del farmaco metadone che li rendesse capaci di condurre una vita normale, che li liberasse dalle droghe illecite e dagli effetti devastanti che ne derivano.
Da notare che ho attribuito a Dole e Nyswander le frasi "molti soggetti" ed "alcuni eroinomani". Il fatto è che loro non hanno mai sostenuto che il metadone è la condizione assolutamente necessaria per tutti gli eroinomani. Non insistendo sul fatto che il trattamento metadonico è universalmente applicabile e necessario, forse che hanno indebolito la loro tesi secondo la quale l'eroinismo è una malattia metabolica? Assolutamente no! Ci sono molte malattie anche gravi, i cui effetti possono essere prevenuti, e quelle i cui sintomi possono essere eliminati soltanto attraverso un appropriato stile di vita: asma, ipertensione, malattie cardiache gotta, diabete, ulcera peptica, coliti, alcune forme di cancro (per esempio del polmone e della pelle), la lista sarebbe senza fine. Il sanitario competente, motivato, olisticamente orientato, cerca di favorire quei cambiamenti comportamentali che possano prevenire o mitigare i segni e sintomi delle malattie, e eventualmente curarle. Tuttavia, sarebbe inaccettabile da un punto di vista etico e professionale (e ridicolo) se il medico si rifiutasse di prescrivere farmaci ai pazienti che non possono o non riescono ad effettuare i cambiamenti comportamentali consigliati, o le cui malattie persistono e si rafforzano anche dopo i loro migliori sforzi.
Ciononostante, il paradigma dell'astinenza come "essere tutto" e "fine ultimo" del trattamento della tossicodipendenza continua a dominare. Quindici anni fa, in un articolo intitolato "L'Irrilevanza del Successo" ho scritto:
"l'impatto più devastante sul trattamento di mantenimento metadonico proviene proprio dai critici moderati che tollerano l'uso del metadone, ma con connotazioni che arrivano ad una sua reticente approvazione, ma solo all'interno di un progetto terapeutico diametralmente opposto a quello per il quale il metadone fonda le basi del suo impianto originale. Attualmente, l'utilizzazione del metadone rappresenta solo una variante dell'approccio drug-free, ed un ripudio totale del mantenimento metadonico così come venne impiegato con successo da Dole e Nyswander (5).
Nulla è cambiato negli ultimi quindici anni. La base razionale per il mantenimento metadonico ai tossicodipendenti continua ad essere un anatema, anche per la maggior parte dei suoi stessi sostenitori. Questi continuano puntare su una fase finale “drug-free” rigettando l'ipotesi che questo obiettivo non è realistico, è irrilevante e non raggiungibile da parte di molti tossicodipendenti. Politiche e pratiche che sono altrimenti incomprensibili avrebbero una certa logica solo se si valuta i programmi metadonici nella prospettiva secondo la quale l’assuefazione all'eroina può e deve essere superata senza fare affidamento su un farmaco.
Da questa prospettiva sia il farmaco metadone che quelli che ne hanno bisogno sono considerati in modo peggiorativo. Questo porta i programmi (e le autorità che governano quei programmi) a stabilire ostacoli per scoraggiare o respingere i candidati ad entrare in trattamento di mantenimento, che includono la drastica limitazione della disponibilità di tale trattamento; affidarsi a dosaggi bassi di farmaco malgrado l'evidenza che tali dosaggi sono sub-ottimali e (potenzialmente) letali; mettere limiti alla durata di trattamento metadonico, malgrado il fatto che la ricaduta sia la regola piuttosto che l'eccezione a seguito dell'interruzione; e rifiutare di consentire la somministrazione in mancanza di una forte componente di "servizi d'appoggio" per trattare i problemi psicologici e sociali che si attribuiscono a tutti tossicodipendenti, e che si pensa essere alla base del bisogno dei pazienti di una "gruccia". In somma, il metadone viene considerato come un passo regressivo, ed è tollerato solo nella speranza che sarà seguito da due passi avanzati all'inseguimento dell'ultimo, universale obiettivo dell'astinenza completa e permanente.
Conclusione
L'esperienza di diversi decenni passati dimostra in modo conclusivo che il trattamento drug-free semplicemente non è sufficiente e non soltanto quasi! Aderire pedissequamente al paradigma dell'astinenza come al solo orientamento terapeutico accettabile, a prescindere dal vasto spettro di opzioni contenute sotto l’ombrello dello psicologico, non fa altro che condannare la maggioranza dei tossicodipendenti da eroina a continue sofferenze e, troppo spesso, a morte. Allo stesso tempo per la società si perpetuano alla grande i costi incalcolabili associati con la continua negazione dell'aiuto a chi lo vuole, ne ha bisogno e può beneficiarne.
E' ormai tempo che il mantenimento metadonico non soltanto venga permesso e messo a disposizione, ma anche che la sua base razionale venga accettata. Il mantenimento metadonico non è sinonimo di rinuncia o il riconoscimento di una disfatta, non è un espediente al quale uno ricorre perché costa meno o perché è più facile di altre modalità, e la sua ragione di essere non risiede affatto nell'aspettativa di far raggiungere l'astinenza.
Ho cominciato questa presentazione asserendo che l'enorme divario fra la domanda e il bisogno di trattamenti da un lato, e l’effettiva disponibilità dall'altro, costituisce una pura pazzia. Mi sono anche riferito ad un cartone animato per illustrare l'incapacità di coloro che decidono le politiche nel mio e nella maggior parte degli altri paesi - di trarre insegnamenti dai fallimenti del passato e di modificare l'approccio fondamentale per affrontare la piaga della tossicodipendenza. Finirò sulla stessa nota, ma in una vena più seria. Un recente testo che si occupava di pratiche di "management" ha definito l'alienazione mentale come segue: "alienazione mentale è continuare a fare le stesse cose ed aspettarsi risultati diversi." (6)
Il risultato ad oggi della nostra "guerra alla droga" è stato ampiamente fallimentare. E più che mai si tratta di alienazione mentale. Ormai cambiamenti si impongono, e nessuno di questi è più necessario dell'impegno ad assicurare immediata disponibilità di trattamenti di ogni genere, ed in particolare, di quello metadonico, per tutti coloro che vogliono usufruirne. Questo impegno lo possiamo assumere, ma non certamente se continuiamo a pensare che nulla di meno della totale astinenza sia terapeutico. La linea di fondo è ben diritta. La tossicodipendenza è una malattia e come tale deve essere trattata.
TRADUZIONE A CURA DI ROBERTO NARDINI |