Un Mese nel Lager San Patrignano

   
   
di Renata


la barzelletta di VauroLa cuffietta bianca mi va larga, mi sento ridicola, il camice mi arriva a meta gamba ed ho tanta voglia di piangere. Dove sono capitata? Sono pronta a servire a tavola un totale di 2800 tossicodipendenti (detti ex) ospiti della Comunità di San Patrignano. E' mezzogiorno e 20, e' dalle 6,15 che sgambetto e sono stanca, ma che fare? Sono qui come tanti per gentile concessione del GIP che mi ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari. Ero timorosa, ma ci tenevo a provare anche questo, pero' non posso piangermi addosso, sono stata avvertita da piu' di una persona a cosa andavo incontro, quindi….Mea Culpa!!
Devo cercare di tornare indietro, devo fare in modo di stare qui il meni possibile per limitare i danni psicologici che questa condizione mi sta procurando; spero che non tutte le comunita' siano cosi', senno' sarebbe davvero triste pensare a tutte quelle persone che si affidano completamente a loro.

E' un mese oggi che sono qui, gia' dalla prima settimana ho chiesto che mi revocassero gli arresti domiciliari, voglio tornare a San Vittore, cosa assurda vero? Forse non'e' normale pensare alla cella come se fosse un'isola felice, eppure e' cio' che mi sta succedendo. Ho il cervello in acqua, mi parlano a turno tante, troppe persone, sono componenti del reparto dove lavoro, la pellicceria.
Si prodigano di mettermi al corrente dei loro trascorsi, pare che ognuno di loro sia passato dalla fase del rigetto iniziale all'assuefazione, sembra sia normale, strano sarebbe il
contrario, mi metto le mani sulle orecchie, basta, non voglio piu' sentirvi, lasciatemi in pace, voglio andarmene, mollatemi!!!

No! Non e' la paura di lavorare, non e' solo perché devo essere pronta entro le 5,45 tre volte la settimana con quella maledetta cuffietta a scodellare per tre ore orzo e latte, non è perché anche 1 minuto di ritardo e (loro dicono) vinci le sigarette, cio? non ho le 10 nazionali o alfa per al giornata, no!!!

Non e' questo. Solo non reggo le vostre regole assurde, non sopporto che una né meglio né peggio di me chiuda a chiave la porta, che per fumare debba aspettare che un'altra sia pronta o abbia voglia di accompagnarmi all'aperto per farlo, tralascio ogni grande e piccola cosa abbia contribuito a farmi tornare sui miei passi. Forse vi parro' pazza, forse galeradipendente, ma ora mi sento piu' libera che mai

Ora sono in cella.
tratto dal giornale prodotto dal progetto EKOTONOS - Carcere San Vittore - Milano