Difesa dei Diritti dei Tossicodipendenti

LO STATUTO D.D.T.
I principi di base dell'Associazion
e

Principio numero Uno
Il Tossicodipendente è un cittadino con gli stessi diritti e doveri degli altri.
Principio numero Due
La tossicodipendenza è una malattia, come tale va trattata. Coloro che hanno contratto tale malattia hanno il diritto di essere curati senza essere criminalizzati o emarginati in nessuna fase della malattia.
Principio numero Tre
L'antiproibizionismo, sia delle droghe leggere che di quelle pesanti, è uno dei punti fondamentali per affrontare il problema "Droga" in generale.
Principio numero Quattro
Nonostante che le leggi assicurino ai tossicodipendenti il diritto alle cure, al proseguimento di queste, il rispetto della loro dignità e del loro diritto di scelta, ognuno di questi diritti o tutti quanti insieme sono ignorati in gran parte delle realtà. Il ripristino di un rapporto corretto dei tossicodipendenti con le agenzie preposte alla tutela della loro salute costituisce un obiettivo inderogabile e improcrastinabile.

Principio numero uno

Questo principio sta a sottolineare che qualsiasi persona che fa uso di stupefacenti è esattamente uguale alle altre persone e cioè uguale a quelli che per esempio vanno a cenare al ristorante, a ballare, a bere qualcosa al bar, od a vedere una partita di calcio. La legge purtroppo dichiara illegale l'uso degli stupefacenti e pratica la repressione ed il proibizionismo. Fin dai primi tempi della Storia e del mondo, sempre, alcuni uomini e donne hanno fatto uso di sostanze che alterano le capacità della percezione.In alcune società tribali gli uomini erano costretti ad usare droghe per per essere accettati nella comunità. In alcune religioni parte della dottrina e della spiritualità sono basate sulle esperienze provocate da sostanze stupefacenti. Per ogni generazione in ogni tipo di società e cultura esiste una percentuale variabile di persone che fanno uso di droghe in un dato momento della loro vita. I motivi di questa loro comportamento non sono del tutto chiari e la scienza sta ancora indagando sulla genesi dell'abuso di sostanze, ma sta di fatto che in questi comportamenti esistono e sono sempre stati diffusi. Le leggi che criminalizzano gli assuntori di alcune sostanze sono del tutto inutili per farli desistere, del tutto insensate, contrarie al buon senso e all'etica, ed infine, controproducenti. L'unica risposta praticabile e intelligente al problema droga è la liberalizzazione di tutte le sostanze, la decriminalizzazione dei consumatori, la regolamentazione e il controllo del mercato delle droghe. Scegliere e praticare altre vie significa non tenere conto della realtà del problema e le motivazioni di tali scelte devono essere ricercate in tutto, fuorché nell'interesse dei consumatori e della società.

Principio numero Due

Il consumatore di droga, nel momento in cui perde il controllo sull'assunzione della stessa, ha contratto una malattia. Non per questo è giusto che sia costretto a nascondersi, ad estraniarsi dalla parte attiva della comunità, a sottomettersi a regole incivili volute da persone assolutamente incapaci di analizzare correttamente il problema. I governi sono più spesso incapaci di assumere atteggiamenti preventivi e propositivi, rispetto ai consumatori di droghe. Migliaia di persone vengono meno alle loro abitudini alimentari, igieniche e di comportamento civile anche perché tutti i giorni devono confrontarsi con un ambiente che non favorisce la consapevolezza, e che li perseguita come devianti e viziosi. Si pensa che, se pure una malattia c'è, i drogati "se la sono cercata", che si tratti di masochisti in cerca di dolore, che vogliano sfidare la morte, che abbiano perso i valori e che comunque portino con sé la responsabilità della ricerca e del consumo delle droghe. Liberalizzare le sostanze ed agevolare i programmi di cura consentirebbe anche al drogato di affrontare il suo problema come è permesso ad ogni altro genere di malato. Così, invece, la malattia si moltiplica per di più aggravata dalle pratiche anti-igieniche dei consumatori, dalle condizioni inumane imposte dalla clandestinità e dalle regole del mercato illegale. Quando uno è intossicato ed assuefatto, il bisogno di droga viene sempre prima di ogni altra cosa, e quando questo bisogno non viene soddisfatto, il consumatore non riesce a prendere cura di se stesso. Egli subisce una crisi fisica, morale, e sensoriale che può condurre alla morte. Se il soggetto è debilitato, l'ipotesi della morte non è un'esagerazione, e se mai una crisi può essere superata e l'uso delle droghe interrotto, le statistiche ci dicono che la percentuale delle ricadute è quasi del 100%. I tempi della tossicodipendenza variano da pochi mesi a tutta la vita. La droga, subdolamente, diviene parte integrante del modo di vivere del drogato. Tutta la sua vita, in effetti è scandita dai tempi e modi di autosomministrazione e condizionata dalla disponibilità della droga. Se questo non significa essere ammalati, vuol dire che tutta la concezione moderna di "malattia" deve essere riveduta.

Principio numero Tre

Il proibizionismo legislativo e culturale che dura da oltre 50 anni ha fallito gli scopi che dichiara di voler perseguire, e non certo perché non è stato abbastanza feroce nell'applicazione delle pene, o perché le forze e le organizzazioni incaricate della repressione non hanno fatto tutto quanto era loro possibile. Nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli, una parte non indifferente del corpo sociale finisce per sperimentare l'uso di sostanze, per poi praticarne l'abuso. Maggiori sono gli ostacoli e le difficoltà, e più costoro sembrano perseverare nei loro atteggiamenti, incuranti dei danni che si procurano e delle conseguenze che arrecano a se stessi. Una cultura umanitaria ed un atteggiamento realistico ridurrebbero al minimo questi danni e queste sofferenze. Il problema "DROGA", è un fatto, non sarà mai completamente risolto. Non si tratta di pessimismo quanto di responsabile realismo. Chi crede, pretende o conclama di voler risolvere il problema "DROGA" sa benissimo quanto illusorio sia questo obiettivo, e probabilmente, sotto la bandiera della soluzione globale, in realtà persegue ben altri fini. Le droghe, cosiddette leggere o pesanti sono in mezzo a noi per restarci, siano le vittime libere o no, più o meno perseguitate od ostacolate. Attraverso forme intelligenti di liberalizzazione la maggior parte delle conseguenze e dei danni che queste vittime si procurano possono essere evitati. E' un mezzo per minimizzare il disagio di coloro che, loro malgrado, intraprendono questa strada e per non aggiungere alla malattia della quale sono portatori le degradanti condizioni di criminalazzazione e di emarginazione volute dagli ambienti proibizionisti sull'altare di un anacronistico e mal interpretato senso morale.Per quanto riguarda le droghe cosiddette "leggere", c'è da notare la loro inferiore pericolosità rispetto all'alcol e al tabacco e la loro minor diffusione rispetto ad altre sostanze di ogni genere il cui abuso quotidiano comporta gravi malattie. Le droghe leggere non sono un problema se non per il proibizionismo che le accompagna.

Principio numero quattro

I diritti che non sono assicurati di fatto nei servizi per i tossicodipendenti sono molti.Primo fra tutti il diritto ad una cura adeguata.

Per un insieme di pregiudizi, sempre legati a schemi moralistici e persecutori, in molte realtà di servizio i tossicodipendenti non trovano nessuna cura, non ricevono una diagnosi, non vengono sollevati in tempo dalle necessità di strada e dalle sofferenze di una deprivazione che, al momento in cui si rivolgono al servizio, sono divenute intollerabili, non vengono aiutati a contenere i danni connessi all'assuefazione, vengono canalizzati forzosamente in modalità terapeutiche della cui efficacia non esistono dimostrazioni e colpevolizzati se poi in questi programmi non riescono a resistere, rigettati nelle strade e perseguitati fintanto che non accettano condizioni assurde, del tutto prive di ogni senso comune comprensione.Ecco una lista di altri diritti più o meno generalmente ignorati dagli operatori e dai medici dei servizi pubblici:

Diritto alla scelta del medico. (art. 34 C.D.M. "La libera scelta del medico costituisce il principio fondamentale del rapporto medico-paziente: Il medico deve rispettarla e farla rispettare").

Diritto a forme corrette di terapia metadonica. (art. 7 C.D.M. "Nell'esercizio della professione il medico deve costantemente ispirarsi alle conoscenze scientifiche e alla propria coscienza"...art. 19 C.D.M. "ogni prescrizione ed ogni trattamento devono essere comunque ispirati alle più aggiornate e sperimentate acquisizione scientifiche, alla massima correttezza e alla più scrupolosa osservanza del rapporto rischio/beneficio").

Diritto alla prosecuzione del programma metadonico se in ospedale o in carcere o trasferito ad altro servizio.
Diritto al rispetto della dignità e della personalità.
Diritto all'anonimato.
Il tossicodipendente, vittima di una malattia definita "cronica e altamente recidivante" è quasi sempre persuaso di non essere malato e quindi costretto o convinto a "guarire", "uscirne" nei tempi e nei modi ritenuti giusti dai suoi operatori o familiari, e non c'è alcuna considerazione per quanto egli "può" realmente in termini di interruzione e contenimento di una sofferenza che non riesce a tollerare. Anzi, troppo spesso questa sofferenza viene utilizzata ancora una volta contro di lui.La disattenzione della normativa sui diritti dei tossicodipendenti e dei malati risiede non soltanto nell'estrema debolezza di questa categoria di malati e delle loro famiglie, ma anche sul fatto che molti utilizzano il problema droga per fini del tutto diversi da quelli connessi con gli interessi delle vittime e della collettività.

"Quello della droga è un grosso problema, ma ancora più grosso è il problema di chi sfrutta questo problema".

(G. Macaccaro)

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Concludendo, la collettività deve farsi carico dell'adozione di una politica realistica che tenga conto della ricerca scientifica, dell'analisi delle esperienze cliniche in questo campo, rifuggendo da falsi dogmi, da pregiudizi e ipocrisie, una politica che tenda a minimizzare i danni, i costi, i disagi a questo consistente gruppo di esseri umani, i quali hanno, come cittadini e come ammalati, gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri.

Relazione di Gennaio-Febbraio 1996

Il DDT nasce per il bisogno dei consumatori di droga di essere riconosciuti dall'opinione pubblica e dalle strutture statali, come comuni esseri umani e cittadini in grado di rivendicare i propri diritti. I SerT, gli organi pubblici per la cura ed il reinserimento dei tossicodipendenti, hanno disatteso ampiamente le aspettative e i diritti minimi di coloro che hanno chiesto aiuto. Queste le omissioni e gli atteggiamenti illegali riscontrati più frequentemente:

Spesso hanno operato e operano senza alcuna logica clinica e scientifica perseguendo esclusivamente obiettivi inutili e antiterapeutici, come la disintossicazione rapida seguita dalla dimissione e dalla non riaccoglienza.

Non conoscono, non vogliono conoscere ed utilizzare le terapie sostitutive, di gran lunga le più efficaci e le più tollerate dalla maggior parte dei tossicodipendenti. Le praticano controvoglia, quando non le mettono affatto a disposizione nonostante l'obbligo di renderle disponibili per legge. In qualche raro caso e nella migliore delle ipotesi lasciano agli utenti la decisione di aumentare o di diminuire le dosi di farmaco, in completa disattenzione della clinica e delle tecniche necessarie per la conduzione di questi programmi.

Non praticano la pronta accoglienza di chi si rivolge loro, imponendo forme di selezione lunghe e difficili da superare, mascherate da diagnosi.

Tendono a dimettere gli ammalati, anziché tenerli presso le strutture per i tempi necessari. In tante realtà, soltanto i soggetti con forte motivazioni e spirito di adattamento riescono a beneficiare dei pochi servizi disponibili, siano essi di natura medica, assistenziale o psicologica.

Molti Ser.T non fanno altro che inviare gli utenti nelle comunità terapeutiche e tengono in serio disprezzo tutti coloro che non tollerano queste modalità, che sono per natura selettive e adatte ad una esigua minoranza dei tossicodipendenti. Non sono rari i casi nei quali chi non entra in comunità non è ammesso ai benefici che la legge prevede per chi si sottopone a cura, né quelli in cui chi non resiste in comunità viene, su indicazione degli stessi operatori ai familiari, deprivato di ogni sostegno da parte della famiglia, abbandonato per le strade perché "deve toccare il fondo" o decidersi a tornare in comunità. Dobbiamo centinaia di morti a questo feroce e disumano meccanismo persecutorio, che pure, almeno nell'intenzione dichiarata di chi lo propone, sarebbe nell'esclusivo interesse delle vittime.

Non assicurano la continuità del programma metadonico in caso di ospedalizzazione, di carcerazione, e a volte addirittura di trasferimento temporaneo dei loro pazienti.

Non hanno attivato le strutture di presidio medico continuato per 24 ore come disposto per legge.

Non hanno una chiara dimensione della gravità delle dipendenze da Darkene, Roipnol, Cocaina, Anfetamine ed Alcol, e del fatto che quasi sempre tali abusi si innestano proprio sulla dipendenza da eroina mal curata.

In alcuni casi ed in alcune regioni i Ser.T non sono neppure stati costituiti secondo il DPR 444/90 ed i fondi stanziati non sono stati spesi o sono stati utilizzati per altri scopi.

SITUAZIONE LOCALE - Pietrasanta (LU)

Va detto innanzitutto che, almeno rispetto a molte realtà anche vicine, il nostro Ser.T. ha cessato di praticare la negazione o la riduzione delle terapie sostitutive, sia per i tempi che per le dosi. I ché significa almeno che chi vuole e sa come curarsi, può farlo. Significa anche che la necessità di comprare eroina perché le dosi di metadone "non coprono", è stata finalmente eliminata. Nuovi operatori desiderosi di fare un buon lavoro sono entrati e nuove consapevolezze si sono col tempo accumulate.La divisione di un solo SerT e dei suoi operatori su due poli, Pietrasanta e Viareggio, non favorisce un utilizzo razionale delle risorse ed una apertura del servizio per un orario abbastanza comodo per tutti gli utenti, in una situazione nella quale ognuna delle due città hanno sempre avuto ed hanno, per numero di utenti, la necessità di un servizio per TD completo e indipendente. Nella penuria di risorse, alcune cose sono comunque state fatte, fra le quali anche l'impianto di una macchinetta per lo scambio di siringhe. Una sola, purtroppo, fra Pisa e Massa, e non funziona quasi mai.Il PCA, che è un progetto gestito da volontari, sta lentamente inserendosi nel vivo del problema. Nasce nel 1993 come modulo integrativo delle attività del servizio pubblico che all'epoca portava avanti una politica molto restrittiva nei confronti dei tossicodipendenti, e si sviluppa anche come un centro di ricerca. Nel corso del 1995 inserisce fra le attività un servizio medico attivo che pratica anche la somministrazione di metadone. Dispone di una sede che i tossicodipendenti possono frequentare. Attua un presidio medico farmacologico per tutte le 24 ore, provvedendo alla somministrazione del metadone ai partecipanti in cura e a tutti coloro che non hanno potuto raggiungere il Ser.T. nelle ore di apertura.

Gestisce un programma di scambio di siringhe, provvedendo al ritiro di quelle usate e all'inoltro di inviti/messaggio per i potenziali pazienti ad entrare in cura e ad usufruire dei servizi disponibili anche presso il Ser.T. Organizza inoltre sedute di counseling per i partecipanti e per le famiglie e porta avanti studi e ricerche in cooperazione con l'Istituto di Farmacologia dell'Università di Pisa e con il Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Pisa ed in collegamento con università americane e europee. E' impegnato in campo sociale per il reinserimento lavorativo degli ex TD o, in mancanza di adeguate occasioni, per la loro formazione come volontari.Il PCA è una realizzazione sul territorio Versiliese che ha molte prospettive di sviluppo e di miglioramento e che è divenuta un patrimonio di tutta la collettività. Viene condotto dal Direttivo del Gruppo S.I.M.S. con la partecipazione diretta alle scelte e alla programmazione delle attività da parte dei partecipanti. La diffusione di materiali tecnici ed informativi per dissipare i miti e per contrastare la falsa informazione sui programmi metadonici costituisce uno degli impegni fondamentali del PCA, perché il farmaco Metadone venga considerato come tale e non come una "Droga di Stato", e perché venga utilizzato nel modo corretto per i vantaggi oggettivi che offre. Questa attività ha contribuito in modo decisivo a migliorare anche le politiche di intervento del Ser.T. locale e quella di molti Ser.T. che hanno aderito alle organizzazioni fondate dal Gruppo S.I.M.S. (International Methadone Advisory Group, Italian Methadone Advisory Group) ed utilizzato i materiali ed i protocolli disponibili.Si tratta di evidenze ben conosciute a livello scientifico, ma che nel nostro paese non hanno trovato spazio nella divulgazione corrente a livello di mass media.

H O M E